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Giovane, laureato, ambizioso e disposto al rischio: l'identikit di chi ha rinunciato al posto regionale

Palazzo d'Orleans

«Non pensavo che sarebbe accaduto anche in Sicilia ciò che è ormai evidente a livello nazionale ma a dire il vero i segnali per prevedere il crollo del mito del posto fisso alla Regione c’erano tutti. Gli stipendi qui valgono molto meno che altrove»: Paolo Montera, segretario generale della Cisl Funzione pubblica in Sicilia, legge così i dati che mostrano quella grossa fetta di vincitori di concorso che ha rinunciato ad essere assunto.

Giovane, laureato e ambizioso, iscritto a più selezioni contemporaneamente e incline ad accettare il rischio di un’assunzione non blindata nel privato piuttosto che nelle pubbliche amministrazioni: ecco l’identikit di quei 103 vincitori che hanno preferito non entrare mai nei centri per l’impiego della Regione. Ma ci sono anche un a ventina di rinunciatari al posto negli assessorati. È un identikit che hanno disegnato i sindacati, impegnati da tempo in vertenze che puntano proprio a «rivalutare» il posto alla Regione. Per Gianni Borrelli e Maurizio Camarda della Uil Fpl Sicilia nella vicenda del rifiuto dell’assunzione si sommano due circostanze: la prima è la certezza di avere uno stipendio inferiore alle attese, la seconda è legata al timore di lavorare in uffici impegnativi e carichi di responsabilità. «La Regione ha bisogno di questi funzionari - è l’esordio di Borrelli e Camarda -. Gli uffici sono sguarniti, in particolare i Centri per l’impiego che dovrebbero essere il trampolino per lo sviluppo dell’occupazione. Ma il punto è che gli errori fatti dalla amministrazione nello stilare le graduatorie hanno creato ritardi nelle assunzioni dei vincitori e molti di loro nel frattempo hanno trovato altri posti nel privato o hanno partecipato con successo a concorsi nell’amministrazione statale dove a parità di qualifica gli stipendi sono maggiori anche di 400 euro. Alla Regione ormai i livelli contrattuali sono tra i più bassi d’Italia».

I laureati neoassunti in categoria D (la più alta) alla Regione superano di poco i 1.500 euro. Ma i sindacati rilevano che ci sono anche categorie più basse in cui non si va oltre i 1.200 al mese. Ecco perché Montera, segretario regionale della Cisl Fp, ripete che «è venuto meno per i giovani siciliani il sogno di lavorare alla Regione. Noi da tempo proponiamo misure per invertire questo trend, una potrebbe essere la detassazione dei premi. Ma il punto di partenza non può che essere l’aumento delle retribuzioni».

Per Gaetano Agliozzo, segretario generale della Funzioe Pubblica Cgil, l’unica speranza è nelle trattative per il rinnovo del contratto che si apriranno tra poco all’Aran e che sono state però rinviate per tutto il 2022 malgrado un budget di oltre 50 milioni messo sul tavolo dal vecchio governo Musumeci: «La rinuncia a entrare alla Regione è un fenomeno riconducibile solo agli stipendi ormai troppo bassi. Ecco perché, soprattutto i più giovani, fanno molti concorsi contemporaneamente e poi optano per quello più remunerativo o virano addirittura verso il settore privato. È un fenomeno che si verifica anche al Nord, magari con numeri diversi. Ma si deve anche tenere conto che alla Regione sta per scattare la trattativa per il rinnovo del contratto del triennio 19/21 a cui seguirà subito un altro rinnovo perché nel frattempo maturerà un altro triennio». Ma a primo rinnovo avvenuto gli aumenti saranno fra gli 80 e i 120 euro.

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