Due settimane fa è arrivata la firma definitiva del contratto della sanità, il decreto Aiuti-quater porterà in Gazzetta Ufficiale la soluzione che ha sbloccato quello della scuola, e oggi è il turno dell’accordo finale per regioni, enti locali e camere di commercio. Risultato: per 2,2 milioni di dipendenti delle Pa, l’85% del personale pubblico coperto dalla contrattazione nazionale, sarà un Natale insolitamente ricco. Grazie all’entrata in vigore degli aumenti, spiega Il Sole 24 Ore, ma soprattutto all’arrivo degli arretrati maturati nella lunga attesa di un rinnovo che riguarda il triennio 2019/2021. Unici esclusi i dipendenti di ministeri e agenzie fiscali, perché il loro contratto è stato rinnovato per primo a maggio scorso.
Le cifre in gioco
Per avere un’idea delle cifre in gioco basta guardare le tabelle dell’accordo sul personale delle Funzioni locali firmato questa mattina alle 11 all’Aran, l’agenzia negoziale guidata da Antonio Naddeo che rappresenta le Pa come datori di lavoro. Gli aumenti medi sul tabellare valgono 100,27 euro lordi, in un effetto economico complessivo che nei calcoli governativi sale a 117,53 euro grazie ai fondi extra per accompagnare i nuovi ordinamenti locali e per sbloccare il salario accessorio congelato dal 2016. La traduzione effettiva di questa media dipende ovviamente dalla posizione economica del singolo dipendente: per quella più bassa («A1») l’aumento dello stipendio base è di 56,1 euro lordi al mese, mentre al vertice della scala su cui si snoda il personale non dirigente (posizione economica «D7») si sale fino a 104,28 euro. Ma la partita vera di Natale si gioca sugli arretrati. Da recuperare ci sono infatti gli aumenti progressivi spalmati sulle 39 mensilità del 2019, 2020 e 2021 e le 11 scoperte del 2022. Dal conto va poi sottratta l’indennità di vacanza contrattuale riconosciuta a partire dall’aprile 2019 e cresciuta poi da luglio di quell’anno come prevede la legge. Tirando le somme, si arriva a un arretrato che oscilla dai 1.210 euro della posizione economica inferiore ai quasi 2.252 euro (lordi e una tantum, naturalmente) di quella superiore. Sono cifre certo non trascurabili, che peraltro salgono ulteriormente di qualche euro perché l’entrata in vigore del nuovo contratto impone anche di aggiornare al rialzo la nuova indennità di vacanza contrattuale, quella riconosciuta a partire dallo scorso aprile per il triennio 2022-24.
Se lo si confronta con i livelli medi degli stipendi pubblici, che non sono certo stellari, l’impatto delle novità in arrivo si rivela in tutta la sua forza. Facciamo un esempio: un dipendente intermedio di un Comune (posizione B7), che fin qui ha ricevuto un lordo mensile da 1.719,93 euro, a dicembre si vedrà accreditare 5.077 euro divisi fra nuovo tabellare (1.800,7 euro), tredicesima (equivalente allo stipendio ordinario) e arretrati (1.475 euro). In pratica, il triplo dei mesi normali.
I lavoratori interessati
I dipendenti degli enti territoriali interessati dal rinnovo di questa mattina sono 430mila. Ma un meccanismo analogo riguarda gli 1,23 milioni di insegnanti, ricercatori e tecnici del comparto istruzione e ricerca (101 euro lordi di aumento medio e 2.337 euro di arretrati), che si sono visti sbloccare l’accordo economico la scorsa settimana grazie al finanziamento extra ricavato dal decreto Aiuti-quater, e i 550mila dipendenti della sanità (116 euro medi e arretrati per circa 1.800 euro). Nel caso della sanità, però, il totale cresce per le due nuove indennità riconosciute agli infermieri (da 62,81 a 72,79 euro al mese, con arretrati fra 1.381,82 e 1.601,38 euro) e agli altri ruoli sanitari («tutela del malato», da 35,46 a 41,1 euro al mese, con arretrati fra 780,12 e 904,2 euro) dal nuovo contratto: indennità che portano a 175 euro medi mensili l’impatto economico complessivo dell’accordo.
Più che di una particolare prodigalità delle intese, la congiunzione di fattori che a dicembre porta circa 5 miliardi lordi in 2,2 milioni di buste paga pubbliche è insomma il frutto del lungo stallo contrattuale, superato solo nella primavera 2021 dall’allora ministro Renato Brunetta con il Patto sul lavoro pubblico e gli atti di indirizzo per i rinnovi. La traduzione pratica dopo i negoziati che hanno impegnato Aran e sindacati del 2021-22 arriva come un toccasana nel pieno della tempesta dell’inflazione, ma solo per una casuale coincidenza temporale.
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