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Dal rincaro dei fertilizzanti e dei costi per il grano l'ultimo colpo all'agricoltura siciliana

Prima il calo acquisti, dovuto anche alla crisi innescata dall’emergenza Covid, poi il caro energia, che ha fatto impennare i costi di produzione, adesso l’ultima goccia, il conflitto in Ucraina: ecco servita la tempesta perfetta per tutti gli agricoltori siciliani e non solo, a cominciare da chi coltiva frumento, con inevitabili ricadute sui consumatori.

Sì, perché i pericoli economici della guerra di Putin non dipendono solo dal fatto che la Russia, oltre ad essere tra i principali fornitori di gas e petrolio, rappresenta il primo Paese esportatore al mondo di grano tenero seguito al quarto posto dall’Ucraina; in ballo, oltre al rincaro di queste materie prime, già in atto, c’è anche l’affare fertilizzanti. Mosca, infatti, da circa un mese, cioè da quando è riesplosa la crisi ucraina, ha bloccato l’export di nitrato di ammonio, «concime molto usato in agricoltura, a partire dalla cerealicoltura e proprio in questo periodo, tra febbraio e marzo», come spiega Bernardo Messina, agronomo e ricercatore del Consorzio Gian Pietro Ballatore, ente che dal 1999 monitora la qualità del grano duro prodotto in Sicilia. Messina sottolinea anche che «lo stop alle importazioni farà di certo salire il prezzo di questo prodotto, che già prima di febbraio ha subito un aumento del 100%, con pesanti ripercussioni sulle tasche delle nostre imprese», e a cascata, probabilmente, sui prezzi delle farine e sulle panificazioni da grano duro, molto apprezzate nell’Isola. Ad aggravare il quadro, ricorda Messina, «le piogge di dicembre, che hanno ritardato le semine, dunque la concimazione e l’acquisto dei fertilizzanti. Dunque, chi non ha già comperato il nitrato rischia adesso di trovare prezzi ancor più alti».

La tempesta perfetta, per l’appunto, «senza dimenticare gli altri comparti agricoli, dove la concimazione a base di nitrato inizierà tra non molto». Poi, rimarca il biologo Giuseppe Russo, collega di Messina al Consorzio, «c’è ovviamente il nodo del grano tenero, già abbastanza aggrovigliato prima della guerra, con la riduzione delle scorte canadesi che l’anno scorso ha fatto schizzare a livelli mai visti il prezzo della materia prima. Figuriamoci cosa potrà accadere adesso, con i principali produttori, Russia e Ucraina, in guerra e con le sanzioni in corso. Visto che la Sicilia, come il resto d’Italia, non è autosufficiente per produzione di grano tenero, il costo della pasta aumenterà inevitabilmente, e forse pure quello dei prodotti trasformati dalla farina di grano duro, perché di solito il rincaro di una materia prima trascina con sé anche gli altri prezzi. Insomma, bisogna mettersi l’anima in pace e prepararsi a rimodulare il modo di fare di fare spesa: a scegliere bene cosa mettere nel carrello».

In altre parole, a risparmiare, mettendo in conto la batosta più pesante, quella che «arriverà dal caro energia, anzi, dal rincaro del rincaro, visto che la guerra soffierà sul fuoco, su costi di petrolio e gas che erano già da capogiro». Parola di Ignazio Giibino, presidente di Coldiretti Agrigento, che per i cerealicoltori siciliani, «tra aumento del prezzo dei fertilizzanti e dei carburanti» vede «annullate tutte le marginalità, i guadagni messi da parte nel 2021. Insomma, abbiamo già bruciato i risparmi, tanto che molti imprenditori per quest’anno potrebbero decidere di non investire e, per il prossimo dicembre, di non seminare, come già accaduto la scorsa stagione». Per non parlare del rovescio della medaglia, dell’export siciliano verso la Russia, che con le ritorsioni di Mosca alle sanzioni Ue potrebbe subire una battuta d’arresto. A tremare sarebbe sempre l’agroalimentare, soprattutto il comparto del vino, che in scala nazionale, sull’asse Italia-Russia, frutta 350 milioni di euro l’anno, una buona fetta dei quali ricavati da prodotti made in Sicily.

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