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Lavoro nero, crolla il settore dell'edilizia in Sicilia: persi 100mila posti di lavoro

Crisi per il settore dell'edilizia in Sicilia, che perde occupati mentre il lavoro diventa sempre più irregolare e in nero. A lanciare l’allarme è la Fillea Cgil Sicilia, che chiede di prendere in considerazione le risorse pubbliche che arriveranno, per migliorare la gestione del collocamento nel settore

Secondo le stime della Fillea tra edilizia e settori affini, cioè cemento, legno, lapidei, nel decennio tra il 2008 e il 2018 sono andati in fumo il 50% dei posti di lavoro con gli occupati passati da 159 mila a 69 mila. Il sindacato con le parole del segretario generale Mario Ridulfo, chiede, «di costruire una gestione trasparente del collocamento in edilizia con una sorta di Cassa del lavoro, dove domanda e offerta si incrocino con il sistema bilaterale edile, con la borsa nazionale del lavoro realizzando anche la formazione continua dei lavoratori».

«Una tendenza che non conosce inversioni - dice Ridulfo - nel confronto tra primo trimestre 2019 e primo trimestre 2020, si registra un calo di altri duemila occupati, che passano da 69 mila a 67 mila».

La Fillea tuttavia rileva che il dato ancora più allarmante è il numero pressochè stabile di lavoratori irregolari (20 mila contro i 23 mila del 2008), che fanno passare la percentuale di lavoro irregolare nel settore dal 16% del 2008 al 30% del 2019, cioè 16 punti percentuali in più. Per la Fillea è dunque «allarme rosso».

Aumentano lo sfruttamento nel settore delle costruzioni e l’illegalità, più che nel resto d’Italia dove il lavoro nero è cresciuto del 5%. La Fillea chiede vigilanza e controlli, ma anche l’accelerazione della spesa. «Quello che è accaduto con i fondi europei - sottolinea Ridulfo- non deve succedere con le risorse Covid. Le risorse vanno spese rapidamente e sono necessarie forme trasparenti di gestione delle assunzioni della manodopera nei cantieri edili siciliani».

Su 5 miliardi di risorse programmate, di cui 4 miliardi fondi europei, i pagamenti sono ad oggi pari al 25% e il 75% i residui ancora da utilizzare. Ma in questi anni in Sicilia, sottolinea la Fillea, è aumentato non solo il lavoro nero ma anche il lavoro irregolare, fatto di forme contrattuali improprie come il lavoro dei muratori a collaborazione o a partita Iva.

Tra le pratiche per cui si chiede maggiore trasparenza rientra quelle di dichiarare un numero inferiore di ore di lavoro pagate a fronte di quelle effettuate, il ricorso al lavoro part time, o peggio la richiesta di restituzione degli assegni familiari percepiti dal lavoratore, pena il ricatto di essere cacciato dal cantiere di lavoro. Vere e proprie «forme di pizzo sul lavoro». La situazione diventa più pesante nel caso dei migranti quando queste forme striscianti di ricatto riguardano anche il permesso di soggiorno e il lavoratore è costretto a subire e a divenire invisibile.

La Fillea chiede vigilanza e controlli, ma anche l’accelerazione della spesa. «Quello che è accaduto con i fondi europei - sottolinea Ridulfo- non deve succedere con le risorse Covid. Le risorse vanno spese rapidamente e sono necessarie forme trasparenti di gestione delle assunzioni della manodopera nei cantieri edili siciliani».

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