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Promozioni a raffica, consulenze d’oro
Riscossione Sicilia sull’orlo del crac

Spuntano i documenti e scattano le prime denunce. A tre avvocati e commercialisti 10 milioni per pochi pareri legali

PALERMO. Fra il 2001 e il 2010 la società incaricata di riscuotere le tasse in Sicilia ha pagato un milione e 69 mila euro all’anno a uno studio di commercialisti e avvocati per pochi pareri legali che, secondo la relazione del revisore legale, avrebbe potuto svolgere anche un ufficio interno appositamente creato. E più recentemente Riscossione Sicilia ha aperto linee di finanziamento che costano 5 milioni all’anno solo di interessi. Mentre spuntano promozioni e premi di rendimento su cui ora dovrà pronunciarsi la Corte dei Conti. Così il gigante che sulla carta dovrebbe incassare ogni anno tasse per 5 miliardi e 700 milioni si è piegato su se stesso: al punto che senza una iniezione di liquidità da 2 milioni e mezzo a febbraio fallirà.

Eppure fino a una quindicina di giorni fa il caso Riscossione (la partecipata regionale nata dopo la scissione fra Montepaschi e Serit) è rimasto sottotraccia. Malgrado dalla fine del 2012 l’assessore all’Economia dell’epoca Gaetano Armao avesse messo per iscritto che la società non si regge in piedi per via «di una contrazione irreversibile dei ricavi e di una produttività aziendale che scende annualmente con incidenze di oltre il 20% sul fatturato mentre la massa dei costi amministrativi presenta livelli di riduzione non in linea con la dinamica dei ricavi». Il colosso, in sintesi, costa troppo. Ecco perchè quell’aiutino da 40 milioni stanziato dall’Ars a fine 2014 è già stato bruciato.

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