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Pasqua: 9 milioni in vacanza, l'85% degli italiani resta a casa

Degli italiani che partono oltre l'80% resterà in Italia

ROMA. Saranno circa 9,05 milioni gli italiani, tra maggiorenni e minorenni (pari al 14,9% della popolazione) che si muoveranno da domani fino a Pasquetta per un periodo di vacanza. È quanto emerge dall'indagine commissionata da Federalberghi.  «Segnano tempo instabile le previsioni sul movimento turistico degli italiani», commenta il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. «Infatti - rimarca - addirittura l'85,1% di italiani, pari a circa 51 milioni di persone, non si muoveranno di casa per il periodo pasquale, evidenziando tra i motivi della non-vacanza fondamentalmente quelli economici (49,4% dei casi)».

Tornando ai dati, le mete preferite, per l'81% degli italiani che rimarranno nel Bel Paese, saranno il mare (30,5% della domanda rispetto), le località d'arte maggiori e minori (26,2%), la montagna (24,3%), i laghi (4,5% e le località termali e del benessere (2,5%). Per il 17% di chi andrà all'estero le grandi capitali europee assorbiranno il 69,7% della domanda, seguito dall'11,7% delle località marine e crociere. La permanenza media si attesterà sulle 3,4 notti con una spesa media pari a 340 Euro con un dettaglio di 271 Euro per chi resterà in Italia e di 605 Euro per chi andrà all'estero, risultato che genererà un giro d'affari di circa 3,08 miliardi.

La struttura ricettiva preferita, inoltre, sarà per il 32,4% la casa di parenti o amici, seguita dall'albergo (26,9%), dalla casa di proprietà (15%), dai B&B (6,4%) e dall'appartamento in affitto (4,2%). Tra l'85,1% di italiani che invece non si muoveranno di casa per il periodo pasquale, i motivi della non-vacanza saranno fondamentalmente legati a motivi economici (49,4% dei casi), motivi famigliari (21,9%), o motivi di salute (17,1%).  «Un risultato finale - conclude Bocca - che deve far riflettere attentamente Governo e Parlamento ai quali chiediamo l'adozione di misure straordinarie quali un alleggerimento della pressione fiscale e degli altri costi che gravano sul sistema ricettivo e una revisione degli incentivi per chi crea lavoro, in quanto il contratto a tutele crescenti può andar bene per le imprese che hanno una domanda 'piattà, ma è di fatto inapplicabile per il turismo interessato da notevoli fluttuazioni della domanda che impongono il ricorso principalmente a contratti a tempo determinato».

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