Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il volo spaziale atterra a Taormina: «Abbiamo l’entusiasmo dei primissimi tempi»

Un canone inverso. Otto tour internazionali prima di farsi grandi per tornare a casa. Il primo Volo in Italia fu proprio al Teatro Antico di Taormina (in doppia data, 20 e 21 luglio 2014), allora accompagnati dall’Orchestra del Conservatorio Arcangelo Corelli di Messina. «Fu un’esperienza indimenticabile, un pubblico dal calore raro, unico e sconosciuto... Finalmente avevamo davanti la nostra gente, occhi mai visti che ci hanno messo davanti a noi stessi in un modo nuovo. Una emozione doppia, anzi tripla!».

Come in un Volo contro la natura pigra di chi invece sta lì, fermo ad aspettare che spuntino le ali per provare a volare. Partire con la faccia liscia e vedersi crescere la barba di fronte al mondo e lasciarsi vedere dal mondo, aprendo la porta della stanzetta sui teatri più importanti di tutti, a suon di tutto esaurito. Un paradosso affascinante, di voci appena mutate eppure già incredibilmente mature.

Tre solisti in trio: due tenori morbidi, Piero Barone e Ignazio Boschetto (in quota Sicilia) e un baritono sensuale, Gianluca Ginoble (abruzzese). E una storia fatta di momenti giusti, congiunture positive e persone da ringraziare. Dall’intuizione televisiva di Roberto Cenci, alle produzioni discografiche di Tony Renis e Michele Torpedine con Jimmy Iovine (presidente della Geffen Records), passando per l’invito di Barbra Streisand (come special guest nel suo «Back to Brooklyn»), la vittoria a Sanremo con «Grande Amore» e il terzo posto all’Eurovision Song Contest (nonostante il televoto lo avessero stravinto). «L’opera è un mondo alto ma piccolo, tutto ciò che può allargarne i confini ben venga», disse il padrino Placido Domingo di loro. «All’estero siamo riusciti a far entrare le romanze negli iPod dei nostri coetanei, vorremmo farlo anche qui in Italia», risposero. Una questione di eccellenze prima che di prodotti

 Da bambini prodigio a grandi star di mondo. Come procede la transizione?

«Sembrerebbe bene a giudicare dall’entusiasmo di chi viene ai nostri concerti e dalla simpatia spontanea che ancora il pubblico dimostra a questi tre giovanotti ormai barbuti. Noi, sicuramente, con quei bambini degli inizi abbiamo in comune tutto l’entusiasmo e soprattutto la voglia e la volontà di cantare».

 

Siete tra gli artisti italiani più famosi al mondo, sicuro tra quelli da grandi palcoscenici. Come si traduce il successo in importanza?

«C’è una domanda più semplice? Diciamo che bisogna sempre partire da come fare per arrivarci al successo. Quando il successo diventa un fatto di mentalità, quella è la via che lo rende importante».

 

Crossover, tra classica e pop. Dietro all’apparente rischio di non fare né l'una né l'altro c’è l’op - portunità di un progetto unico e di un pubblico letteralmente sconfinato...

«Pensiamo sia arrivato anche per noi il momento di non dare più un’etichetta alle canzoni. Questo è il vero rischio. Quello di trovarci imprigionati in un genere che ci viene cucito addosso e che può diventare una camicia di forza. Parliamo, come si dice da sempre, di belle canzoni e di tutto il lavoro che giornalmente facciamo per la ricerca e la convinzione dell’interpretazione: questo è il nostro compito. Poi se vogliamo trovare il genere cui assegnarle, beh ci piacerebbe che la parola giusta fosse sempre quel “suc - cesso” di cui parlavamo. Difficile, ma è questa la sfida. Il volume del pubblico dipende solo da questo e forse più che avere un pubblico enorme puntiamo sempre e solo ad un pubblico soddisfatto».

Avvistati alla Notte della Taranta. In fondo quello della contaminazione (di quest'anno) è il vostro nuovo mondo...

«Perché no? Vediamo che anche tanti nostri colleghi non si pongono più né confini né tantomeno barriere. L’importante è essere convinti e credibili. In fondo è proprio il linguaggio universale della musica l’unico che non ha bisogno di traduttori, di catalogatori, di puristi...ma solo di interpreti».

 

A scrivere, invece, ci avete già pensato?

«Certamente! E lo facciamo pure, ma con molta autocritica. Ci sono ancora tanti seri professionisti che sanno farlo bene e meglio di noi. Quando saremo pronti per affrontare la sfida con cose scritte da noi, ve lo faremo sapere, anzi sentire!».

 

Famiglia, amici o soci... che siete?

«Un po’ tutto. Quando occorre, specialmente durante i nostri viaggi all’estero, siamo una famiglia nella quale tre amici si confrontano, si aiutano, si confidano, litigano, fanno pace… Soci? Sicuramente lavoriamo insieme e sempre insieme raccogliamo il frutto del nostro lavoro. Ma siamo molto più concentrati su quanto avviene sul palcoscenico e lassù siamo Il Volo e basta».

 

Che state progettando?

«In realtà i progetti sono più di uno, stiamo affrontando la questione proprio in questi giorni. Appena le idee si faranno le ossa, le racconteremo a tutti».

 

Nel 2019 saranno dieci anni Volo. Si festeggia?

«Sicuramente ci sarà un festeggiamento piccolo tra noi e uno che speriamo grande con tutto il nostro pubblico, proprio con una serie di iniziative che stiamo mettendo a punto. Già dieci anni! Sembrava impossibile all’inizio, eppure…».

 

Intanto a Taormina ci tornerete il 15 settembre per il GDShow. Spettacolo e solidarietà...lì che Volo farete?

«Un Volo che abbiamo accettato proprio per dare un aiuto a chi ne ha bisogno. Un piccolo modesto contributo che speriamo si unisca a quello di tanti altri».

 

Quello Antico è sempre un Teatro di casa?

«È un Teatro di tutti, come la bellezza!»

Persone:

Caricamento commenti

Commenta la notizia