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Cannes, a sorpresa Islanda vince "Un certain regard": premio discusso

Ha certamente molti meriti l'islandese Grimur Hakornason che porta a casa il premio di Un Certain Regard 2015 con HRUTAR/PECORE, ambientato nella verde e ventosa brughiera della piccola isola in cima all'Europa

CANNES. Una possibile spiegazione per il verdetto della giuria di Un Certain Regard, presieduta da Isabella Rossellini, è che in capo a 19 film spesso di ottima fattura ma di cupa atmosfera e sconsolato ottimismo della volontà, l'arrivo in concorso di una commedia buffa quanto amara abbia rasserenato gli animi e messo tutti d'accordo. Ha certamente molti meriti l'islandese Grimur Hakornason che porta a casa il premio di Un Certain Regard 2015 con HRUTAR/PECORE, ambientato nella verde e ventosa brughiera della piccola isola in cima all'Europa.
Nel raccontare le baruffe e l'intima connivenza di due fratelli che non si parlano da una vita, ma devono fare fronte comune per salvare il loro gregge dalla violenza naturale, il regista disegna senz'altro una metafora di valore universale, ma è più una fresca conferma di talento che non un nuovo maestro che si affaccia sulla scena internazionale.

Dei favori della vigilia, da Apichapong Weerasethakul a Naomi Kawase a Kurosawa Kyioshi si salva solo quest'ultimo che porta a casa il premio come miglior regista per il sognante VERSO L'ALTRA RIVA in cui il fantasma di un innamorato accompagna la sua dolce metà in un erratico pellegrinaggio tra i luoghi e le persone che ha frequentato prima di morire suicida.

È invece prevalso lo spirito umanitario di questa giuria, affettuosamente contestata al momento del Palmarès, nell'assegnare il Premio Speciale al croato Dalibor Matanic per SOLE DI PIOMBO: un racconto edificante e commovente sul superamento delle ferite della guerra fratricida nella ex Jugoslavia attraverso una storia d'amore contrastata in stile «Giulietta e Romeo». Più consensi sono andati ai premi di consolazione: il «certo talento» romeno Corneliu Porumboiu per IL TESORO e le «speranze» dell'anno, l'iraniana Ida Panahandeh di NAHID e l'indiano Neeraj Ghaywan di MASAN già premiato in mattinata dalla critica internazionale (Fipresci).

Nell'insieme è parso un verdetto vagamente erratico, ispirato più ai temi che alla qualità dei film scelti. Non a caso Isabella Rossellini aveva ricordato, all'inizio della cerimonia, che «qualsiasi antropologo ci avrebbe invidiato in questi giorni per il fantastico sorvolo aereo sulle culture e le anime di questo nostro mondo».

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