Adesso l’ospedale San Giovanni Evangelista è un edificio buio e deserto dove persino l’aria delle sale operatorie è diventata veleno, mentre il pronto soccorso non esiste più. L’odore di plastica bruciata è il sintomo di un black out che durerà giorni, forse settimane, mentre le indagini su quanto accaduto sono appena cominciate.
L’incendio divampato all’interno della struttura a Tivoli, alle porte di Roma, nella tarda serata dell’8 dicembre, con le fiamme forse partite da un cumulo di rifiuti all’esterno, ha ucciso tre anziani ricoverati che sono arrivati morti nelle ambulanze, usate per la spola tra la vicina palestra comunale e il trasferimento in altre strutture. Sono stati evacuati tutti: quasi duecento persone hanno lasciato i loro posti letto nel gelo della notte dell’Immacolata tra fuoco e fumo nero, lasciandosi alle spalle lo sfacelo nei reparti finiti senza corrente dopo un parapiglia fatto di sirene, urla e soccorsi.
La Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo e rogo colposo, ha anche disposto il sequestro di alcune aree dell’ospedale, di fatto inagibile. Il ministro della Salute Schillaci ha definito la vicenda una «terribile tragedia» e dopo un sopralluogo sul posto aspetta di capirne le cause «fiducioso nel lavoro degli inquirenti» mentre «il cordoglio ai familiari delle vittime e la vicinanza alle persone colpite» è arrivato anche dalla premier Meloni.
A Tivoli già lo scorso luglio un altro incendio aveva fatto danni nella Asl locale dopo un corto circuito nell’ufficio della formazione del personale, ma adesso in città non esiste più neppure un pronto soccorso: lo si sta cercando di allestire nella palestra che in queste ore ha accolto i pazienti sfollati. «Sarà un punto di primo intervento», assicura il sindaco, Giuseppe Proietti, davanti all’ospedale recintato dal nastro della polizia. «La scientifica sta già lavorando per capire ciò che è accaduto e come sia potuto succedere», dice il governatore del Lazio, Francesco Rocca, rispondendo a chi solleva dubbi sul funzionamento del sistema antincendio. E alcuni sindacalisti aggiungono: «Nell’ultimo periodo qui le squadre di servizio di guardia antincendio non erano più presenti».
L’intero sistema di sicurezza e di prevenzione è ora sotto i riflettori, da alcune porte rimaste bloccate ai dispositivi automatici di contenimento del rogo che potrebbero non aver funzionato. Le fiamme sono partite dall’esterno, sul retro della struttura, alimentandosi inizialmente dei rifiuti stoccati per poi propagarsi all’interrato fino al pronto soccorso, con il fumo che ha invaso il nosocomio anche ai piani superiori.
«Abbiamo acquisito numerose immagini dall’impianto di videosorveglianza, da cui abbiamo un quadro chiaro su quanto accaduto e attraverso le quali al momento possiamo escludere il dolo», ha spiegato il procuratore di Tivoli, Francesco Menditto, che sottolinea come «nessuno è morto tra le fiamme». Gli orari contenuti nell’informativa raccontano la catena dei primi soccorsi: alle 23 in punto è arrivata dall’ospedale la prima chiamata alla polizia per segnalare l’incendio, subito dopo oltre agli agenti sono arrivati anche i carabinieri e in dieci minuti la prima squadra dei vigili del fuoco, con le operazioni di spegnimento e lo spostamento dei malati. Tra i ricoverati alcuni provenivano dalla terapia intensiva e il loro trasporto non è stato facile: complessivamente sono state evacuate 200 persone: i pazienti erano 180 - 17 dei quali sono stati dimessi e 163 ricoverati negli ospedali del Lazio - mentre una ventina di persone facevano parte del personale medico in servizio.
A perdere la vita sono invece stati Pierina Di Giacomo e Romeo Sanna, entrambi di 86 anni, e Giuseppina Virginia Facca, di 83: uno di loro era ricoverato in medicina d’urgenza e gli altri due in medicina generale. Due delle vittime sono decedute durante le operazioni di soccorso mentre una terza è morta durante il trasporto. Una quarta persona, un altro anziano di 76 anni, era invece deceduto in cardiologia mezzora prima: sua figlia Veronica mentre era al suo capezzale è rimasta intrappolata nel fumo, costretta a lasciare di corsa, in quella nube, il corpo senza vita del padre ancora sul letto.
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