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L'ex questore di Mazara Rino Germanà: «Timore reverenziale verso Borsellino»

Rino Germanà

Un rapporto istituzionale che mai sconfinò sul personale: «Io avevo una sorte di timore reverenziale nei confronti del procuratore Borsellino, perché aveva un sorriso che evocava quello di mio padre». Lo confessa all’ANSA Rino Germanà, 70 anni, ex questore di Piacenza e Forlì e negli anni delle stragi Commissario di Polizia a Mazara del Vallo. A pochi giorni dal trentennale dell’esplosione di via D’Amelio parla il poliziotto che 57 giorni dopo la morte di Borsellino scampò miracolosamente a un attentato sul lungomare di Tonnarella, rimanendo vivo dopo essersi tuffato in acqua.

«Il mio primo ricordo di Paolo Borsellino risale al suo insediamento a Marsala, il 4 agosto 1986 - racconta Germanà - negli anni abbiamo sempre lavorato in stretto rapporto. Lui si accorgeva delle mie entrate timide in ufficio e, accennando un sorrido, mi diceva: si sieda. Era in quel momento che scoprii il lato umano del procuratore».
Anni difficili di lotta alla mafia, le indagini nel Trapanese e gli arresti: «Noi facevamo il nostro lavoro ma non a tutti questo piaceva - sottolinea Germanà - quello che penso è che la mafia l’aveva con Borsellino come l’aveva con Falcone, perché li vedeva come nemici. Nella criminalità mafiosa ci sono menti raffinatissime, le stesse che esistono anche fuori della mafia». L’ex questore, oggi in pensione, ricorda il saluto di commiato di Borsellino a Marsala il 4 luglio 1992: «Ci ritrovammo tutti nell’aula magna del Tribunale (oggi sede di uffici comunali, ndr) e fu un momento davvero emozionante. Io, insieme ad altri stretti collaboratori, poi lo accompagnammo verso l’ingresso a pian terreno e lungo il corridoio, per la prima volta, si rivolse a me con un tono confidenziale: Rino, preparati a venire a lavorare con me a Palermo. Io risposi: ‘si, va bene signor procuratorè e non fece domande «. Non ci fu il tempo di una nuova collaborazione a Palermo tra il procuratore e il Commissario.

«Quando seppi della strage, il 19 luglio 1992, provai sgomento. Le prime immagini che vidi in tv m’impressionarono - racconta Rino Germanà - per dirla con Sciascia, pure il diavolo si impressiona delle cose che fa il mafioso. Chi pensa alla morte non la sente mai vicina. E questo è un fattore a favore dei mafiosi che si muovono col fattore sorpresa e, quando meno te lo aspetti, arriva», conclude Germanà.

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