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Decreto Covid: le discoteche ricorrono al Tar, proteste contro il Green pass da Aosta a Ragusa

Manifestazione contro il green pass a Torino

Coro di polemiche e contrari al nuovo "decreto Covid", approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, soprattutto per quanto riguarda l'obbligatorietà del green pass in alcuni luoghi ed eventi ma anche contro la scelta di continuare a tenere chiuse le discoteche.

Manifestazioni contro il green pass anche in Sicilia

Manifestazioni simultanee in molte città italiane sono state convocate attraverso Facebook e alcuni canali Telegram da gruppi che si dichiarano contro «il passaporto schiavitù e l’obbligo vaccinale».

L’appuntamento è per domani alle 17:30. I promotori, che affermano di essere inseriti in una mobilitazione mondiale chiamata in contemporanea, la «World Wide Demonstration», annunciano iniziative in una cinquantina di località, da Roma ad Aosta, da Ragusa a Trieste. Le manifestazioni in Italia sono dirette «Contro il passaporto schiavitù (così viene definito il Green Pass - ndr), gli obblighi vaccinali, la truffa Covid, la dittatura».

I gestori delle discoteche riccorrono ai Tar

In protesta anche i gestori delle discoteche, che hanno deciso di riccorrere ai Tar territoriali contro la scelta del Consiglio dei ministri di mantenere chiuse le loro attività. A riferirlo è l’Associazione Giustitalia, che spiega: «Attraverso più ricorsi ai tribunali amministrativi presentati dagli esercenti, i gestori chiedono l’annullamento del nuovo Dpcm nella parte in cui impone il mantenimento della chiusura dei locali».

I gestori non hanno nulla da obiettare, invece, sull'obbligo di indossare la mascherina anche mentre si balla. Sono 2.500 le imprese del settore dei locali da ballo interessate alle chiusure, per un totale di 50 mila dipendenti e un fatturato complessivo di 5 miliardi di euro (nel 2019). Circa mezzo milione, sempre secondo Giustitalia, gli italiani di ogni fascia di età che vorrebbero riprendere a scendere in pista. «I gestori sono consapevoli che questo momento storico è alquanto particolare, ma prima o poi la vita riprenderà. E allora la gente si renderà conto che un terzo dei locali ha chiuso, forse per sempre, perché non ci sono aiuti dallo Stato» commenta l’Associazione.

«Chi esercita professionalmente attività imprenditoriale da ballo - continua la nota - sono mesi e mesi che non ha entrate, a parte una piccolissima parentesi di luglio scorso, e deve (comunque) pagare gli affitti, i dipendenti, e ci sono famiglie che vivono su queste attività. E poi ci sono anche decine di migliaia di lavoratori stagionali che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo». Secondo Giustitalia, infine, per «la conseguente privazione di luoghi che possono essere messi in sicurezza e controllati dalle forze dell’ordine potrebbe comportare il rischio concreto di 'aggregazioni selvagge ed abusivè (soprattutto da parte dei ragazzi) in luoghi privati improvvisati senza alcuna sicurezza sanitaria e senza alcuna vigilanza».

 

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