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"Posti di lavoro in cambio di informazioni", ecco il sistema Montante

Antonello Montante

Il cosiddetto “sistema Montante” che emerge dall’odierna indagine della Procura di Caltanissetta metterebbe in luce un vasto sistema di dossieraggio e di raccolta abusiva di informazioni sul conto dei "nemici", anche solo potenziali, dell'ex numero uno della Confindustria siciliana.

Tutto ciò per mantenere l’immagine legalitaria e antiracket di Antonello Montante. L'imprenditore, emerge dall'inchiesta, sembra che non volesse che venissero fuori i suoi antichi legami intessuti con alcuni personaggi.

La vicinanza con i boss Arnone di Serradifalco. L’indagine "Double face" ha preso le mosse dalle dichiarazioni rese nel corso nel 2014 dal collaboratore di giustizia Dario Di Francesco, già reggente della famiglia di Serradifalco, che aveva fornito indicazioni sulla “vicinanza” di Montante con ambienti mafiosi nisseni, come i boss Paolo e Vincenzo Arnone, entrambi uomini d’onore al vertice della famiglia di Serradifalco e testimoni di nozze di Montante.

La svolta nelle indagini con le dichiarazioni di Venturi e Cicero. Sono state le dichiarazioni rese da due imprenditori un tempo assai vicini a Montante, l’ex assessore regionale Marco Venturi e l’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero a svelare la rete di relazioni che Montante era riuscito ad instaurare sbandierando il vessillo della legalità. Questa immagine di  “paladino della legalità” sarebbe servita in realtà a nascondere i rapporti che Montante avrebbe avuto in passato con esponenti di spicco della criminalità organizzata.

La stanza segreta nella casa di Montate con file e documenti di possibili “nemici”. Dalle indagini è emerso che Montante per preservare l’immagine di “uomo della legalità”,  si sarebbe occupato spasmodicamente di precostituire documentazione da spendere in futuro per neutralizzare possibili future accuse sempre per accreditare la tesi del complotto ai suoi danni per il suo impegno sul fronte antimafia.

La polizia giudiziaria nel corso di una perquisizione eseguita nel gennaio del 2016 ha trovato l’archivio segreto all’interno dell’abitazione di Montante in contrada Altarello di Serradifalco. Gli agenti della squadra mobile di Caltanissetta in una stanza segreta al seminterrato dell’abitazione, nascosta dietro una libreria, c’era una porta blindata.

L’analisi della documentazione, in particolare del contenuto di un file excel, avrebbe messo in risalto la certosina annotazione di incontri ed appuntamenti, di telefonate e messaggi di testo (inviati e ricevuti) da persone  appartenenti ad ogni contesto, prevalentemente istituzionale, la registrazione di conversazioni, altre effettuate personalmente o per il tramite  persone di fiducia.

Lo scopo sarebbe stato quello di screditare sistematicamente in via preventiva tutti coloro che nel tempo si sono posti in maniera critica nei suoi confronti, via via tacciandoli di “mafiosità” o di non meglio precisate collusioni con un sistema di potere.

Montante avrebbe infatti con ogni mezzo tentato di indurre al silenzio le persone in grado di riferire circostanze compromettenti sul suo conto, in particolare sui rapporti intrattenuti in passato con esponenti mafiosi della provincia di Caltanissetta, operando in modo da screditarne l’attendibilità, così da annullare il valore del contributo da queste offerto per l’accertamento della verità.

Depistaggi delle indagini contro Montante. Si sarebbero ripetuti nel tempo tentativi di depistaggio di indagini, che non hanno sortito l’effetto sperato perché le intercettazioni hanno puntualmente anticipato le mosse.

Una volta al potere Montate avrebbe elargito posti di lavoro. Una volta assurto ai vertici di Confindustria, avrebbe elargito  ripetuti “favori” sotto forma di assunzioni di parenti ed amici. Montante sarebbe stato in grado  di condizionare pesantemente l’attività di vari uffici pubblici, in particolare di vari appartenenti ad organismi di polizia.

Corruzione di agenti di polizia e militari della guardia di finanza. Dalle indagini è emerso che Montante avrebbe  utilizzato i favori agenti per carpire abusivamente, attraverso accessi alle banche dati in uso alle forze di polizia, notizie sensibili riguardanti la vita privata di una serie impressionante di suoi nemici.

Montante si sarebbe creato una rete di informatori personale, che gli avrebbero trasmesso dati sensibili contenuti nei database della polizia penitenziaria. In questo modo avrebbe monitorato preventivamente i collaboratori di giustizia che avevano riferito circostanze a lui pregiudizievoli. Montante avrebbe anche corrotto il personale della guardi di finanza per perseguire i suoi interessi funzionali agli interessi da lui perseguiti.

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