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Operaio licenziato dopo il trapianto di fegato: sciopero dei colleghi

sicurezza lavoro

TORINO. «E' una vergogna essere trattati così dopo 27 anni. Io all’azienda ho dato davvero tanto». Antonio Forchione, 55 anni, di Rivoli, una moglie senza lavoro, non nasconde la sua amarezza. La Oerlikon Graziano di Cascine Vica, alle porte di Torino, lo ha licenziato al rientro in fabbrica otto mesi dopo un trapianto al fegato.

«Mi hanno fatto una visita e mi hanno dichiarato inabile, mi hanno costretto a tre settimane di ferie forzate. Poi lunedì scorso mi è arrivata la lettera di licenziamento», racconta. "Sono un operaio universale, ci chiamano così ora. Ho sempre lavorato su tre turni. Dicono che ora non posso più fare il lavoro che facevo e non sanno che mansione affidarmi. Non c'è nessuna posizione per me, ero anche disposto a un demansionamento, avrei accettato di fare qualunque cosa, fotocopie in un ufficio o il fattorino». L’operaio farà causa all’azienda per ottenere un risarcimento, gli mancano cinque anni alla pensione.

Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato subito uno sciopero di due ore su tutti i turni, a cui hanno aderito anche i lavoratori dello stabilimento di Luserna San Giovanni. E’ il terzo caso simile - accusano i sindacati - dopo quello di due delegati Fiom nelle fabbriche di Bari e di Sommariva Bosco. La Oerlikon Graziano, una azienda metalmeccanica, ha circa 700 dipendenti a Rivoli, oltre 1.500 in Italia.

Parla di «licenziamento indegno e gesto riprovevole» il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. «Auspico che l’azienda ritorni sui suoi passi e si sforzi di trovare una soluzione adeguata alle attuali condizioni fisiche del lavoratore. Bene hanno fatto i sindacati a dichiarare due ore di sciopero. I lavoratori hanno compensato con la loro solidarietà la vergognosa mancanza di umanità di cui si è macchiata la Oerlikon».

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