Sicilia in lutto per Adele Puglisi, la condanna della comunità bengalese: ripudiamo la violenza
Per la comunità bengalese «l'unica cosa che vogliono questi delinquenti è seminare terrore e rovinare l'immagine di un paese meraviglioso, mettendo paura in vista della grande festa del 'Eid al fitr'. Ma i bengalesi di tutto il mondo rifiutano la cultura della paura e della violenza»
SANTA CROCE CAMERINA. Rimane chiusa in un profondo dolore la famiglia di Adele Puglisi, tra le vittime della strage di Dacca. Nella casa di Punta Secca a Santa Camerina, dove il comune ha issato tre bandiere a mezz'asta, continuano ininterrotte le visite di parenti e amici, in attesa di poter dare l'ultimo saluto alla salma della manager catanese di 54 anni, che proprio il giorno dopo la strage sarebbe dovuta rientrare in Sicilia. Il sindaco di Catania e presidente dell'Assemblea nazionale dell'Anci, Enzo Bianco, ha proclamato per domani il lutto cittadino. Bandiere a mezz'asta saranno esposte negli uffici pubblici anche in altri comuni siciliani.
Adele Puglisi, 54 anni, era manager della sede Artsana a Dacca. Probabilmente la cena a cui ha partecipato era per salutare una sua amica, Nadia Benedetti, anche lei uccisa dai terroristi, prima di partire dal Bangladesh per la Sicilia. Il suo rientro a Catania era previsto tra stasera e domani. Non era sposata e non aveva figli
Era una manager del settore tessile Nadia Benedetti, la 52enne originaria di Viterbo vittima dell’attentato di Dacca. Benedetti lavorava come managing director della StudioTex Limited e da tempo si era trasferita in Bangladesh.
Simona Monti, una delle vittime della strage jihadista a Dacca, aveva 33 anni ed era di Magliano Sabina (Rieti). Da circa un anno e mezzo era in Bangladesh per lavoro
Marco Tondat lascia una figlia di 5 anni. Separato, lavorava all’estero proprio per dare una vita migliore alla figlia. In Italia aveva lavorato come stagionale al mare, in Bangladesh era supervisore in un’azienda tessile.
C’è anche un friulano tra le vittime dell’attentato di Dacca. A Feletto Umberto (Udine), dove l’uomo abitava con la famiglia, la notizia si era diffusa già la mattina. Cristian Rossi, 47 anni, imprenditore, sposato e padre di due gemelline di 3 anni, era stato manager alla Bernardi. Dopo alcuni anni si era messo in proprio. Era in Bangladesh per motivi di lavoro
Claudia Maria D’Antona, torinese, aveva 56 anni e si era laureata in giurisprudenza. Da molti anni viveva in Oriente prima in India dove aveva avviato un’attività di imprenditrice nel comparto tessile, e poi a Dacca, dove era titolare dell’azienda Fedo trading con il marito, Giovanni Boschetti, sfuggito ai terroristi.
Maria Riboli era nata il 3 settembre 1982 ad Alzano Lombardo. Originaria di Borgo di Terzo, in valle Cavallina, dopo il matrimonio si era trasferita a Solza, nell’Isola bergamasca. Era mamma di una bambina di tre anni. A quanto si è appreso lavorava nel settore dell’abbigliamento e si trovava in viaggio per lavoro per conto di un’impresa tessile. Da qualche settimana era in Bangladesh. Sarebbe stata uccisa da una granata, lanciata da uno dei terroristi islamici
Vincenzo D’Allestro, imprenditore tessile di 46 anni, era nato in Svizzera ma proveniva dalla zona di Acerra, in provincia di Napoli. Con la moglie Maria Assunta Gaudio, anch’essa originaria delle stesse zone, ha abitato fino all’ottobre 2015 a Piedimonte Matese, per poi trasferirsi ad Acerra per motivi di lavoro. I due non avevano figli
«L'Anci Sicilia manifesta solidarietà e vicinanza ai familiari delle vittime della strage e condanna la follia di chi vuole distruggere la nostra vita quotidiana», dice Leoluca Orlando, presidente dell'Anci Sicilia, che invita gli amministratori siciliani a issare le bandiere nei palazzi comunali.
Intanto la comunità bengalese di Palermo, la più numerosa rappresentanza di stranieri in città, prende le distanze dall'attacco terroristico ripudiando «ogni atto di violenza compiuta da criminali che si fanno chiamare islamici, ma che poco hanno a che vedere con l'Islam».
L’Holey Artisan Bakery
«Siamo vicini e solidali con le famiglie di tutti gli italiani e delle altre vittime innocenti uccise nell'attentato», dicono Sumi Aktar e Alamin Md, consiglieri della Consulta delle culture e rappresentanti del Bangladesh nell'organo del Comune di Palermo. «Alcune persone vogliono trasmettere il messaggio che il Bangladesh è un paese fondamentalista islamico, ma noi condanniamo questa visione - proseguono i due consiglieri - Il Bangladesh è stato sempre un Paese laico, dove convivono pacificamente diverse religioni, le cui culture discendono molto dal sanscrito, un paese dove i due più grandi partiti democratici sono guidati da donne. Certamente non un paese di stampo fondamentalista».
Per la comunità bengalese «l'unica cosa che vogliono questi delinquenti è seminare terrore e rovinare l'immagine di un paese meraviglioso, mettendo paura in vista della grande festa del 'Eid al fitr'. Ma i bengalesi di tutto il mondo rifiutano la cultura della paura e della violenza».
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