BRUXELLES. L'Unione europea dà il via libera alla preparazione della missione navale «per distruggere il 'business model' dei trafficanti» nel Mediterraneo, ma è discussione aperta, se non già lite, sulla proposta della Commissione di istituire quote obbligatorie di aventi diritto asilo da distribuire tra i Paesi europei. L'ok alla missione, denominata EuNavFor Med, è arrivato dal Consiglio in formato 'jumbò con i ministri degli Esteri e della Difesa, che ha approvato come previsto il cosiddetto Cmc (Crisis management concept). L'Italia avrà il quartiere generale (a Roma) ed il comando è stato affidato all'ammiraglio di divisione Enrico Credendino. Il budget per la fase di avvio dei primi due mesi sarà di 11,82 milioni, il mandato («iniziale» è precisato nelle conclusioni del Consiglio) è di dodici mesi. Sono previste tre fasi, la prima in acque internazionali, la seconda e la terza in acque libiche, anche con uso della forza sempre che arrivi l'ok dell'Onu o di un governo libico di unità nazionale di cui però al momento è difficile prevedere la nascita a breve. La prima fase prevede «solo» il pattugliamento e la raccolta di informazioni di intelligence. E la Nato, con il segretario generale Jens Stoltenberg che ha partecipato al Consiglio, si dice pronta a cooperare se sarà richiesta.
Le altre due fasi implicano la «ricerca, il sequestro e la distruzione degli 'asset' dei trafficanti», che sia «basato sulla legge internazionale e in partnership con le autorità libiche». Di fatto significa che alla fase uno si potrà dare il via, dopo la messa a punto della pianificazione militare, col Consiglio Esteri del 22 giugno. Per calibrare le due fasi successive sarà invece necessaria la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sulla quale stanno lavorando i quattro paesi europei che ne fanno parte (i 'permanentì Gran Bretagna e Francia, i 'temporaneì Spagna e Lituania) con il contributodell'Italia.
Nel testo approvato oggi dai ministri certi toni sono stati attenuati «semanticamente, ma non nel loro significato», come indica Roberta Pinotti, «per tenere conto delle diverse sensibilità» al Palazzo di Vetro. Ma già domani in una riunione a Bruxelles dei capi di stato maggiore si comincerà la conta di mezzi e uomini che i diversi Paesi metteranno a disposizione. È invece destinata a diventare una discussione «rilevante», come la definisce diplomaticamente Paolo Gentiloni, quella tra gli Stati membri sulla proposta di quote obbligatorie di redistribuzione dei carichi di profughi già arrivati in Europa. Tema che il capo della Farnesina riconosce come «molto delicato per gli equilibri politici interni dei paesi europei». Sul fronte del 'nò - dove sono già consolidate le posizioni di Gran Bretagna, Irlanda, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e negli ultimi giorni della Francia - è sembrata schierarsi oggi anche la Spagna, con il ministro degli Esteri Garcia-Margallo che ha messo in discussione sostanzialmente i criteri delle chiavi di distribuzione reclamando più peso per la disoccupazione e «gli sforzi già fatti». Una «discussione di posizionamento», la interpreta Gentiloni, prima che la Commissione il 27 maggio presenti le proposte legislative ed in vista dell'inevitabile scontro al Consiglio Interni del 15-16
giugno. «Ma - ha avvertito il capo della Farnesina - sarà difficile rimettere in discussione il risveglio dell'Europa». Succedesse, sarebbe «amaro».
Un monito in questo senso è stato lanciato oggi anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che da Tunisi ha esortato l'Ue a «farsi carico» del dramma dei profughi e a darsi una missione storica che si ponga l'obiettivo di favorire una maggiore integrazione tra sponda Nord e Sud del Mediterraneo.
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