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Guerra agli scafisti, la Libia boccia l'Ue: "No a militari nelle nostre coste"

ROMA.  La Libia boccia ogni ipotesi di intervento europeo per distruggere sul suo suolo i barconi dei trafficanti di esseri umani: "Non ci hanno mai consultati, non accetteremo mai militari sul terreno" (boots on the ground), avverte l'ambasciatore libico all'Onu, rendendo più complicata la partita che si sta giocando in questi giorni al Consiglio di Sicurezza. L'unica alternativa per fermare il flusso dei migranti, sottolinea, è armare il governo di Tobruk, quello riconosciuto, per fargli riprendere il controllo di tutto il Paese.

L'emergenza sbarchi, con il suo tragico carico di morte nel Mediterraneo, arriverà al Palazzo di Vetro lunedì prossimo per la prima volta, con un rapporto del 'ministro degli esteri' europeo, Federica Mogherini. L'Italia, che tra i Paesi europei è quello più esposto, da giorni è in pressing perché il Consiglio di Sicurezza 'certifichi' l'esigenza di combattere gli scafisti, facendo passare una risoluzione che autorizzi un'iniziativa europea di contrasto agli "schiavisti del XXI secolo", come li ha etichettati il premier Matteo Renzi.

Tecnici e diplomatici europei sono al lavoro per mettere in piedi un piano con le possibili azioni di intervento, che potrebbero prevedere anche operazioni entro le acque interne libiche per l'arresto degli scafisti, il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni sulla falsariga di quanto messo in atto con l'operazione Atalanta contro i pirati del Corno d'Africa. Questa opzione, però, oggi è stata respinta con forza dal Paese da cui partono gli scafisti, la Libia: "Non siamo stati nemmeno consultati", ha detto in un'intervista all'Ap l'ambasciatore al Palazzo di Vetro, Ibrahim Dabbashi, aggiungendo che l'idea di schierare più imbarcazioni al largo delle coste libiche per salvare i migranti è "totalmente stupida" perché incoraggerebbe ancora più migranti ad arrivare in Libia, rendendo più difficile il controllo da parte delle autorità locali. Netto no anche alla distruzione dei barconi, perché - ha affermato - sarebbe difficile distinguerli da altre imbarcazioni. "L'unica via" per risolvere questa emergenza, ha sottolineato, è di aiutare il governo di Tobruk, l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale, a prendere il controllo di tutto il Paese, fornendogli armi, a maggior ragione ora che i negoziati fra le parti promossi dall'Onu languono. "Una volta che riprenderemo Tripoli - ha spiegato Dabbashi - sarà molto semplice fermare il flusso di immigrazione clandestina verso l'Europa perché conosciamo tutti coloro che sono coinvolti in questo business". Dabbashi ha sottolineato che queste attività partono dall'ovest del Paese, in mano agli islamisti e all'Isis. L'altolà di Tobruk, adesso, può costituire un grosso ostacolo al via libera dell'Onu alla guerra ai trafficanti. Il Consiglio di Sicurezza si aspetta infatti una richiesta d'intervento dalle autorità libiche, aveva detto ieri l'ambasciatore della Lituania, presidente di turno dei 15.

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