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Arrestato Incalza. Lupi nella bufera: non mi dimetto, soffro per mio figlio

"La mia minaccia sulla crisi di governo? Difendevo l'integrità del ministero"

ROMA. Lasciare l'incarico? "No, le dimissioni no. Anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela". Così il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, in un'intervista in merito alla bufera che lo ha travolto dopo l'inchiesta sulle tangenti per le Grandi opere.

"Provo soprattutto l'amarezza di un padre nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa". Torna sul Rolex che Stefano Perotti ha regalato al figlio Luca per la laurea: "L'avesse regalato a me - dice il ministro - non l'avrei accettato". Lupi si sofferma anche sull'intercettazione in cui aveva minacciato la crisi di governo: "Era una battaglia politica, non difendevo la persona", "ma l'integrità del ministero. Si stava discutendo di legge di Stabilità e del futuro della nuova Struttura tecnica di missione".

"Al telefono con Incalza - racconta Lupi - ho ripetuto quello che avevo detto nelle discussioni politiche", "dicevo che era un errore togliere al ministero quella struttura, amputandolo di un braccio operativo. Qualora non ci fosse più stata fiducia nel ministro si faceva prima a cambiare ministro, non depotenziando il ministero". Le intercettazioni sul viceministro alle infrastrutture Riccardo Nencini? "Questo è il limite delle intercettazioni, che non rendono il tono scherzoso delle conversazioni. Io allora conoscevo poco Nencini e Del Basso De Caro". "Sapendo che erano socialisti come Incalza, lo prendevo in giro".

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