BARI. Si addestravano sull'Etna, ridevano delle chiese distrutte dal terremoto, incitavano all'odio nei confronti dell'occidente e soprattutto degli Stati Uniti, imparavano a fabbricare esplosivi e a maneggiare armi.
I cinque presunti terroristi condannati oggi dal Tribunale di Bari per il reato di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo internazionale di matrice islamista, parlavano al telefono della loro idea di «guerra santa», la «jihad», del «culto della morte».
Nei loro computer, sequestrati dai Carabinieri del Ros dopo gli arresti, nell'aprile 2013, è stato trovato materiale digitale contenente documenti jihadisti, nonchè documenti fotografici, come le immagini di Hosni Hachemi mentre impugnava due kalashnikov affiancato da due miliziani in una non meglio precisata area nordafricana, probabilmente Tunisia o Libia. Le indagini dei pm della Procura di Bari Renato Nitti ed Eugenia Pontassuglia hanno scoperto una vera e propria cellula terroristica con base logistica in Andria, all'interno di un call center, gestito dal capo del gruppo. L'attività investigativa, chiamata «Masrah» (teatro), ha consentito di documentare come, a partire dal 2008, gli indagati si fossero associati tra loro «allo scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo internazionale in Italia ed all'estero, - si legge nel capo d'imputazione - secondo i dettami di un'organizzazione transnazionale, operante sulla base di un complessivo programma criminoso politico-militare, caratterizzato da sentimenti di acceso antisemitismo e antioccidentalismo e dall'aspirazione alla preparazione ed esecuzione di azioni terroristiche da attuarsi contro governi, forze militari, istituzioni, organizzazioni internazionali, cittadini civili ed altri obiettivi - ovunque collocati - riconducibili agli Stati ritenuti infedeli e nemici».
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