Il Luciano Spalletti furioso, capace di passare in un attimo dalla gioia di una qualificazione conquistata all’ultimo respiro ad uno sfogo veemente contro i giornalisti nel corso della conferenza stampa nella «pancia» della Leipzig Arena. Subito dopo il pari dell’Italia con la Croazia il commissario tecnico azzurro ha messo in scena una reazione ad alta tensione e inaspettata, tra allusioni, parole dure, patti e veleni, che aveva visto un primo affondo già in tv a Sky, con in studio Fabio Capello. Il tutto a proposito di una Nazionale definita «troppo prudente» e difesa a spada tratta dal ct su questo piano dal commissario tecnico che ha invece dirottato la domanda sulla questione di una «squadra troppo timida».
E come accaduto ai tempi della Roma di Totti (allora si parlava di «topini») e della breve esperienza all’Inter, anche questa volta agli Europei di fronte alla stampa internazionale, Spalletti ha puntato il dito contro le «spi» che fanno trapelare le notizie riservate. Che siano stati l’adrenalina del finale, i sassolini rimasti nelle scarpe, il carattere, le critiche pesanti e quelle eccessive o la voglia di compattare il gruppo in una sorta di «noi contro tutti», il risultato è stato eclatante. Alla prima domanda relativa ad una sorta di patto tra il ct e la squadra sulla formazione da schierare contro la Croazia, il ct è andato gìù duro: «Mi traduca meglio la parola patto - è esploso Spalletti -. Ecco, questo secondo me glielo hanno detto e fa bene a ridirlo. Perché è così. Quanti anni ha lei? (51, la risposta del giornalista). Ha ancora 14 anni di pippe per arrivare a 65, per arrivare alla mia età... Io parlo con i giocatori, ho orecchie e devo guardare con i nostri occhi. Qual è il problema? Patto di cosa? Patto per gli altri? È un patto per noi... Glielo hanno detto e fa bene a ridirlo. Non si prenda delle licenze che non sono sue. Sono debolezze di chi racconta le cose. C’è un ambiente interno e un ambiente esterno e un ambiente interno e se qualcuno racconta le cose interne, fa il male della Nazionale».
Sfuriata quella di Spaletti nata, probabilmente, da una incomprensione legata ad un episodio che ha visto un membro dello staff del presidente della Figc, Gravina, presente durante un colloquio con alcuni giocatori; il seguito in piena notte, con la telefonata di scuse del ct ai giornalisti ai quali nella conferenza post gara si era rivolto animatamente, in risposta a domande. Le telefonate di chiarimento sono partite mentre l’aereo che doveva riportare la Nazionale di calcio a Dortmund stava rullando sulla pista di Lipsia prima di decollare, per un ritorno a Iserlohn, quartiere generale dell’Italia agli Europei in Germania, avvenuto a notte fonda (le 3:40), mentre oggi tutti i giocatori dell’Italia osserveranno un giorno di riposo e potranno usufruire del pomeriggio libero con rientro dopo cena.
Una conferenza stampa quella del post Italia-Croazia che sembrava non finire mai e in cui Spalletti ha scacciato ogni paura parlando di «veleno» azzurro che può servire da carburante: «Hai paura? Ma che ho paura. Se avevo paura venivo a vedere le partite come voi. Se non volevo aver paura facevo come voi, il vostro lavoro e venivo a vederle le partite e non avevo paura. È da quando ero all’Empoli che non dormo la notte, è una cosa normale. Perché anticiparci quello che può avvenire? Uno può fare l’analisi, ma non prenderci per il culo perché abbiamo perso una partita. Io non sono invidioso di un giornalista che scrive un bell’articolo, a me non riesce. Però io non voglio che mi si metta ancora più pressione di quella che mi mette addosso la gente. Io reagisco perché me lo inietto da solo il veleno».
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