Tanti passaggi e qualche «bischerata», tra giocatori già simbolo come Barella e Calafiori ed elementi da rivedere come Dimarco, autore della follia che ha generato il più veloce gol subito nella storia della Nazionale e degli Europei di calcio. Comincia a prendere forma l’Italia di Luciano Spalletti che contro l’Albania, nonostante lo choc iniziale, non ha perso la testa affidandosi al suo gioco fatto di trame continue e improvvise verticalizzazioni, un po’ come si vedeva ai tempi del Napoli campione d’Italia guidato dal tecnico toscano.
Una Nazionale che come vuole il verbo del ct azzurro deve essere capace prima di giocare bene e poi di conseguenza di fare risultato. Per questo i suoi interpreti hanno il dovere di essere fluidi in campo adattandosi a seconda delle situazioni ad una difesa a quattro ed a tre. Il tutto senza fretta cercando anche il palleggio prolungato come mostrano i dati della partita di ieri con cinque giocatori autori di oltre cento passaggi (Jorginho, Barella, Calafiori, Di Lorenzo e Bastoni), un vero e proprio record che dà l’idea del timbro che l’ex allenatore di Inter, Roma e Zenit punta a lasciare stampato sull’azzurro della Nazionale di oggi. Una dedizione alla ricerca del gioco ed un atteggiamento sempre propositivo che ha consentito all’Italia di Spalletti di ribaltare la situazione proprio come fece l’Italia, già di Bearzot, ai Mondiali del 1978 dove il grande protagonista oltre a Paolo Rossi fu Renato Zaccarelli: «Appena abbiamo preso il gol ieri sera in quel modo inaspettato - racconta l’ex giocatore del Torino - mi è venuto in mente proprio quello che è successo a me nel 1978. Ho detto subito agli amici con cui stavo vedendo la partita di non preoccuparsi, perché questa partita finisce bene, la vinciamo. Proprio come successo a noi tanti anni fa a Mar del Plata - ricorda Zac - anche noi reagimmo ma non così istantaneamente come ha fatto l’Italia di Spalletti ieri sera».
E ora gli azzurri sono attesi dalla Spagna che ha stritolato la Croazia: «Come vedo l’Italia di Spalletti? Già partire con un risultato positivo è tanta roba, adesso incontriamo la Spagna che è sempre stata una squadra molto temibile. Affrontarla con tre punti all’attivo è molto meglio, non c’è l’ansia di fare per forza risultato».
Una partita quella con la Spagna dove non dovranno esserci «bischerate in canna», come detto in dialetto toscano da Spalletti nel post Albania: «È una parola fiorentina, risale al Cinquecento, e i linguisti ancora non sono certi da dove arrivi: è comunque un’immagine efficace, soprattutto per quel suffisso “ata”, come la “cassanata” - spiega il professor Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca - può essere poco standard, ma particolarmente efficace: anche quel “in canna” indica il fucile o la gola, di qualcosa che sta lì per succedere e chissà se esce... Bischero era un termine conosciuto in tutta Italia quando il fiorentino e Firenze erano dominanti, poi è regredita». La Nazionale, invece, vuole andare avanti.
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