PALERMO. Sommersa dai debiti e da un esercito di dipendenti, con meno entrate e spese in aumento, minacciata da mine inesplose come quelle costituite da società partecipate fuori controllo e Ato rifiuti praticamente falliti. Eccola la Regione, fotografata dalla Corte dei Conti nel tradizionale giudizio di parifica del bilancio 2014. Un esame che, per quanto formalmente superato, si chiude con un avviso ai naviganti: «La Regione da sola non può più farcela a risanare. Serve un piano di rientro pluriennale concordato con lo Stato». È il punto di non ritorno della crisi finanziaria. Se non l’invocazione di un commissariamento contabile, almeno l’invito a un affiancamento che imponga misure finora rinviate. Il problema - segnalano Maurizio Graffeo e Licia Centro, presidente della sezione di Controllo e relatrice - è «la condizione di difficile sostenibilità dei conti e l’incapacità nell’intraprendere efficaci azioni di contenimento della spesa corrente». L’indebitamento Il debito frutto di mutui contabilizzato a fine 2014 ammonta a 5 miliardi e mezzo. Ma stanno arrivando altre operazioni finanziarie che porteranno alla cifra record di 7,9 miliardi: il 6,6% del Pil (la ricchezza prodotta) se ne va per pagare i prestiti. Un dato che fa più effetto - ha rilevato la Centro - se si considera che su ogni siciliano il debito regionale pesa per 1.040 euro all’anno. E sarà così per i prossimi 30 anni (la scadenza delle rate è fissata, per ora, al 2045). Ci sono poi i debiti nascosti, frutto di operazioni finanziarie spericolate che il procuratore generale d’appello, Diana Calaciura Traina, ha definito «scommesse legalmente autorizzate».
I derivati, così si chiamano, stanno procurando perdite enormi: 38 milioni nel solo 2014. E la Regione non ha predisposto un fondo di riserva per coprire queste perdite. Meno entrate, più spese In Sicilia la crisi è più grave e duratura che altrove: qui i poveri sono il 41% della popolazione mentre in Italia la media è del 19%. Partendo da questo dato la Calaciura Traina stigmatizza un’incongruenza: c’è una diminuzione delle entrate pari al 10,3% (si è passati dai 19,7 miliardi del 2013 ai 17,6 del 2014) ma a fronte di ciò le spese sono aumentate passando dai 18,4 miliardi di due anni fa ai 19,9 dell’anno scorso. E si tratta per lo più di spese correnti (l’827%) cioè stipendi e sevizi. Il personale Sia la Procura che la sezione di Controllo provano a contare i dipendenti e la relativa spesa. Ma è sempre un bilancio per difetto. Ci sono i 15 mila funzionari, i 1.733 dirigenti (uno ogni 9 dipendenti quando nelle altre Regioni la media è di uno ogni 16), i 2.603 di Resais, Esa, Eas e altri enti collegati e solo così il conto sarebbe di 19.928 dipendenti che costano 938 milioni all’anno. Ma poi ci sono i 20 mila forestali che costano altri 275 milioni, e i 7.300 delle partecipate che gravano per altri 272 milioni. Il tutto frutto di «politiche di assunzioni di portata superiore alle esigenze». E ora servirebbe una «riforma ispirata a criteri di meritocrazia e funzionalità per il miglioramento della produttività». I magistrati contabili segnalano anche il ritardo nel recepimento di riforme nazionali come quella delle pensioni e delle partecipate. Le mine vaganti Ci sono tre bombe pronte a esplodere, alla Regione. La prima sono le partecipate, il cui piano di riordino e chiusure è impantanato fra l’assessorato all’Economia e Palazzo d’Orleans.
«Le partecipate - sottolinea Licia Centro - espongono pesanti perdite e richiedono continui interventi di soccorso finanziario mentre la qualità dei servizi erogati sfugge ai controlli». Il fallimento di queste società, scaricherà sulla Regione altri costi. La Procura aggiunge che «le criticità e la cattiva gestione suggeriscono misure correttive mentre non è ammissibile che gli organi di amministrazione ignorino le richieste di informazione e la Regione tolleri queste omissioni. Tra l’altro, l’importante ufficio di controllo ha un solo dirigente e nessun impiegato malgrado i quasi 20 mila dirigenti regionali». L’emergenza rifiuti preoccupa anche dal punto di vista contabile: rischia di costare alla Regione un altro miliardo e 816 milioni per ripianare le perdite degli Ato e le richieste di anticipazioni di cassa da parte dei Comuni per coprire i costi di raccolta. Rifiuti a parte, aumentano i Comuni in default o predissesto (86) e aumentano pure i debiti fuori bilancio (163 milioni) ma preoccupa soprattutto il fatto che la maggior parte degli enti locali «dissimula la propria reale situazione debitoria». La manovra correttiva Alla fine, come detto, la parifica arriva ma i dati del bilancio 2014 sono peggiori del previsto e impongono una manvora correttiva che Baccei stima «in circa 200 milioni». In realtà la manovra era già prevista, per luglio o settembre, e dunque l’effetto della batosta della Corte dei Conti è quello di renderla più dura.
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