PALERMO. Vince la linea di Alessandro Baccei. L'assessore all'Economia, uomo inviato da Delrio a Palermo per rimettere in sesto i conti della Regione, ha incassato il via libera dell'Assemblea siciliana alle norme più importanti, quelle concordate proprio con Roma, contenute nella manovra finanziaria che vale 300 milioni di euro. A cominciare dai tagli al pubblico impiego, con l'armonizzazione del trattamento dei 16 mila dipendenti della Regione a quello degli statali, la riduzione di permessi parentali, sindacali e ferie, mobilità interna, ridefinizione al ribasso delle piante organiche per dirigenti e funzionari.
E poi c'è la riforma delle pensioni con l'avvio dei prepensionamenti che già nel 2016, secondo le stime del dipartimento Economia, potrebbe portare a 1.007 pensionamenti anticipati, mantenendo la finestra fino al 2020 e introducendo un taglio fino al 15% degli assegni di quiescenza. È stato Baccei a condurre, prima in commissione Bilancio e poi in aula, i rapporti con i parlamentari ed è stato lui a stoppare i tentativi, pochi per la verità, di allargare la spesa. Tono pacato ma deciso, Baccei ha ribattuto colpo su colpo alle osservazioni dei deputati, difendendo anche norme, proposte dalla maggioranza, sulle quali non era pienamente d'accordo, come quella sugli stipendi degli amministratori unici delle società partecipate ritenute strategiche, che passano da 50 a 140 mila euro, anche se la stessa norma taglia i Consigli di amministrazione.
Baccei è riuscito a convincere l'Assemblea sulla tenuta della sua manovra, incassando tutto quello che poteva incassare come l'utilizzo dei fondi Fsc per coprire parte del concorso all'equilibrio di finanza pubblica (673 mln) o l'iscrizione in bilancio di 450 milioni nonostante la Regione non abbia ancora chiuso gli accordi formali con il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti. E ha spento sul nascere le fibrillazioni di un gruppo di deputati sullo stralcio di norme di spesa su autolinee, Ipab, reddito minimo e aeroporti minori impegnandosi a varare una manovrina bis, entro luglio, dando copertura. Neppure la fugace presenza in aula del governatore Rosario Crocetta è riuscita a strappargli la scena e quando qualcuno ha messo in dubbio la costituzionalità di alcune norme, in particolare sulle pensioni del regionali, l'assessore inviato da Roma non ha esitato un minuto: «Mi dimetto se Roma le impugna».
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