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La manfrina che muta un diritto in un’onta

Palazzo dei Normanni

Eh no. Così no. Proprio no. Qui non si tratta neanche più di stare a discutere sulla legittimità dell'aumento degli stipendi dei settanta signorotti dell'Ars (un aritmetico adeguamento secondo indice Istat a rigor di norma), nè di giudicarne o meno la tempestività (visti i tempi economicamente grami) o l'opportunità (nulla avrebbe impedito di non applicarlo).
Quel che non possiamo esimerci dall'additare è piuttosto l'indecorosa manfrina andata avanti per tre-quattro giorni e poi sfociata nell’imbarazzante voto notturno. Peraltro segreto, secondo costume ormai atavicamente consueto per le nostre imperturbabili rappresentanze parlamentari. Di tutte le stagioni e di tutti i colori.
Quegli 890 euro in più - lordi, sai mai qualcuno si offenda - nelle ricche spettanze mensili dei deputati regionali (undicimila euro e spiccioli fino a ieri) non cambieranno le sorti del mondo, non affameranno ulteriormente la Sicilia. né probabilmente svolteranno la vita agli stessi diretti interessati. Al massimo vanno ad aggiungersi ai corposi cahiers de doleance di chi – famiglie o imprese - si arrabatta per tirare la carretta e intanto smoccola contro i privilegiati della casta. Magari con qualche pizzico di ragione in più, necessaria per tentare di digerire quel «con l'indennità da parlamentare arrivo a fine mese» di Gianfranco Miccichè (ma era proprio necessario sbracare così malamente?).
Sic transeat gloria mundi...

Ciò che davvero sconforta (ma ahimè non sorprende ormai più) è invece il modo in cui è stata gestita e condotta l'intera vicenda. Fra ondivaghe prese di posizione, velleitarie giustificazioni e ipocriti do di petto che scavano un ulteriore pesante solco attorno alla gabbia dorata di Palazzo dei Normanni. E questo nonostante la Finanziaria delle mance e degli inciuci, delle prebende e delle clientele, abbia provato malamente a colmare le bisacce dei collegi elettorali di maggioranza e opposizione, tutti insieme appassionatamente. Per la prima grande operazione contabile di una legislatura che francamente non sembra aver finora dato segni di chissà quale upgrade etico-politico rispetto alla precedenti. Anzi...
Mercoledì su queste colonne sgamavamo il ritoccone silentemente calato nel bilancio dell'Ars sotto la voce «adeguamento Istat», proprio mentre in parallelo si dibatteva se concedere o meno l'aumento a loro volta richiesto a gran voce dai sindaci e intanto si definivano quelli per l’elefantiaco bacino del precariato e per i Forestali. Da allora - fra un gruzzolo per una sagra paesana e un tesoretto per l’albero genealogico di una razza equina - è stato tutto un alternarsi di imbarazzate prese di posizione e acrobatici distinguo, con il presidente Galvagno prima in difesa («Lo prevede la legge») e poi appena 24 ore dopo a cercare di mettere una pezza, annunciando un disegno di legge o un emendamento per bloccare tutto. Sembrerebbe dopo un rimbrotto della premier e sua leader di partito rimbalzato fin quaggiù, che il diretto interessato nega, ma di cui in tanti fra i bene informati in aula dicevano di avere contezza.
Nella notte l'apoteosi, con l'emendamento che De Luca e i suoi presentano ma non votano, con la maggioranza che va in frantumi (FdI contro l'aumento, gli altri un po’ qua e un po’ là) e con l'opposizione che a sua volta naviga in ordine sparso (Cinquestelle da una parte, Pd da un'altra, De Luca & c. da un'altra ancora).
Del resto, ad aiutare gli indecisi e a garantire gli imbarazzati arrivava prontamente la formuletta magica e autoassolutoria del voto segreto. Per concludere nel modo più desolante possibile una vicenda inattaccabile in punta di diritto, ma trasformatasi in un boomerang. Che, ne siamo certi, rimbalzerà innocuo sulle dure scorze dei nostri parlamentari. Lesti piuttosto ad esultare invece per il varo della Finanziaria che, giura l'assessore all'Economia Falcone, certifica «la certezza dei conti, il sostegno all’economia della Sicilia, l’ascolto di tutte le forze politiche e sociali». Anche se magari ascoltare qualche forza politica in meno, foraggiando qualche festicciola di collegio in meno, non sarebbe stato un delitto. Così come non è un delitto l'aumento degli stipendi dei 70 parlamentari siciliani. A trasformarlo in un'onta ci hanno pensato loro stessi, nel più pacchiano degli autogol. Ma non se ne crucceranno, vivaddio.

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