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Antimafia e mistificazioni

La fiction in programma stasera su Canale 5, dedicata alla figura di Mario Francese - cronista di QUESTO giornale, ucciso dalla mafia per i suoi articoli d’inchiesta scritti su QUESTO giornale – è l’ennesima occasione utilizzata da alcuni sedicenti moralisti, esponenti di un’antimafia sempre più parolaia e di maniera, per gettare discredito sull’immagine del Giornale di Sicilia e sulla condotta dei suoi editori.

Avevamo concesso con piacere alla società produttrice, appena ce l’ha chiesta, l’autorizzazione all’utilizzo del logo del quotidiano e di alcune pagine dello stesso, affinché potessimo contribuire a ricostruire la storia e la carriera di Mario Francese, apprezzato cronista che questo giornale non ha mai dimenticato (a lui è peraltro intitolata la sala delle assemblee della nostra sede). Dopo la proiezione ad inviti dell’anteprima, abbiamo immediatamente dato mandato ai nostri legali di comunicare la revoca dell’autorizzazione e contestualmente di avanzare formale diffida contro la messa in onda della fiction stessa, così come mostrata in anteprima.

Il tutto perché questa rappresenta una ricostruzione dei fatti che non esitiamo a definire grossolanamente falsa, strumentalmente artefatta e platealmente incongruente nella tempistica, nella logica e nei contenuti. E siccome non crediamo nell’ignoranza di chi l’ha concepita, non ci rimane che optare per una chiara e strumentale malafede, al solo scopo di denigrare l’immagine di questo giornale e dei suoi editori. E di questo gli autori saranno chiamati a rispondere nelle sedi opportune.

Avremmo voluto limitarci a questo, ma ad indurci ad andare oltre è quanto pubblicato ieri dal quotidiano La Repubblica. Che, in un articolo di commento, ha ritenuto di poter sottolineare e dunque fare proprie alcune considerazioni che emergono dalla fiction, laddove si scrive di «isolamento che inghiottì Francese all’interno del suo giornale, mascherando i nomi ma citando fatti e connivenze imbarazzanti».

Si tratta dell’ennesimo caso in cui il succitato quotidiano non perde occasione per attaccare o additare criticamente - e sempre a sproposito, sulla base di teoremi virtuali e ricostruzioni evanescenti - il Giornale di Sicilia. Che a sua volta si è invece sempre limitato a raccontare, secondo i principi cui deve essere ispirato il diritto-dovere di cronaca, fatti acclarati e dimostrabili, che hanno riguardato le sorti, anche giudiziarie, riconducibili a quella testata e al suo editore.

Anche perché, ripetiamo, tutto poggia sui contenuti di una fiction che, semmai fosse disattesa la nostra diffida alla messa in onda così come mostrata in anteprima, racconta – e anche male – una sequela di falsità. Si narra di rapporti diretti e personali fra Mario Francese e l’editore. Falso. Non c’era alcun dialogo fra Francese e l’editore dell’epoca, così come – e chi fa questo mestiere dovrebbe saperlo, anche se poi indossa i panni dello sceneggiatore – non esistono rapporti diretti fra editori e giornalisti.

Lo vieta espressamente il contratto. L’editore dialoga col direttore e solo a quest’ultimo il cronista risponde. Non certo all’editore. Tanto meno – parlando di cose delicate – mentre questi si fa cucire addosso un abito dal sarto! Qui siamo alla barzelletta. Insomma, mai e poi mai gli editori hanno direttamente né indirettamente impedito a Francese di fare il suo lavoro. Era un cronista acuto e scrupoloso, mai ha subito censure dall’editore o dai direttori che in quegli anni si sono succeduti e di cui non c’è (perché?) traccia nella ricostruzione televisiva.

Solamente tre anni dopo la morte di Francese, la figura dell’editore e del direttore avrebbero fatto capo ad una sola persona. Francese ha pagato con la vita per le cose che ha liberamente scritto sul Giornale di Sicilia. Nessuno glielo ha impedito, nessuno lo ha isolato. Altro esempio lampante di invenzione: a un certo punto del lungometraggio appare un dialogo fra Mario e il figlio Giulio circa un articolo scritto a malincuore da quest’ultimo su una mostra d’arte di «amici dell’editore»: ebbene, Giulio Francese è stato assunto dal Giornale di Sicilia DOPO l’assassinio del padre, come segno tangibile di vicinanza del quotidiano (e dei suoi editori) alla famiglia, colpita da quella tragedia.

Confidiamo dunque che lo stesso Giulio Francese, oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti siciliani, prenda chiaramente le distanze da queste affermazioni contenute nella produzione televisiva che riguarda direttamente lui e la sua famiglia. Ancora: a un certo punto della fiction viene mostrata una foto di un mafioso, Michele Greco, insieme all’editore. Immagine che, se mai esistesse, risalirebbe a decenni prima, quando a Palermo sedevano allo stesso tavolo e si ritrovavano negli stessi circoli (quello del tiro a volo dell’Addaura, per esempio) politici, amministratori, prefetti, rappresentanti delle forze dell’ordine, insieme con personaggi che solo diverso tempo dopo sarebbero stati identificati dalle inchieste giudiziarie come mafiosi. E fino a prova contraria gli editori del Giornale di Sicilia non sono mai, MAI, stati sottoposti a indagini giudiziarie in sede penale, tanto meno quindi per fatti riguardanti presunte collusioni e connivenze con la criminalità organizzata.

Questo e tanto altro rendono questa fiction distante anni luce dal ricostruire verità storiche, declinando piuttosto su strumentali mistificazioni e plateali falsità. Purtroppo sposate, nelle loro analisi e nei loro commenti, anche da un quotidiano che dovrebbe invece avere il dovere di – ben più di un superficiale e romanzato film per la tv – approfondire gli argomenti, attenendosi ai fatti e non ai teoremi preconcetti. E i fatti sono che Mario Francese era un cronista del Giornale di Sicilia. Mario Francese ha firmato approfondite inchieste giornalistiche sul Giornale di Sicilia, smascherando sistemi torbidi e perversi. Mario Francese è stato ucciso per avere avuto il coraggio di scrivere quelle cose sul Giornale di Sicilia. Senza che nessuno al Giornale di Sicilia glielo abbia mai impedito. Piaccia o meno ai finti moralisti dell’antimafia autoreferenziata dei teoremi e delle strumentalizzazioni. Giornalistiche e televisive.

 

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