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Fabbrini: «Renzi e la Cgil, due modi diversi di vivere la sinistra e vedere la realtà»

L’editorialista del Sole 24 ore: l’esempio è la riforma del lavoro. Il sindacato difende interessi di gruppi, il premier vuole un mercato libero

«Una diversa visione dell'Italia divide la sinistra del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, da quella rappresentata dalla Cgil». A sostenerlo è Sergio Fabbrini, docente di Scienza Politica e Relazioni Internazionali ed editorialista de Il Sole-24 Ore, oltre che direttore della School of Government dell'Università Luiss - Guido Carli di Roma. Secondo l'esperto, la contrapposizione si basa su due diversi paradigmi politici di riferimento. Da un lato, la volontà di rendere una società meno corporativa; dall'altro, la difesa degli interessi di gruppi in un sistema di produzione che appartiene ormai al passato.
Pensa che ci possano essere possibilità d'incontro tra Renzi e la Cgil?
«No. È vero che la politica è fatta di mediazioni ma quelli di Renzi e dalla Cgil sono due paradigmi del tutto diversi e che appartengono a due periodi diversi. In quello del sindacato c'è l'idea che la società organizzata abbia il compito di sempre: difendere i diritti dei lavoratori e dare loro una rappresentanza politica che sia espressione di quel mondo. Renzi invece adotta un altro paradigma molto più attuale in cui non esiste più una classe sociale stabile. Oggi la società è frammentata ed è composta da gruppi sociali in movimento. L'obiettivo di Renzi è quello di rendere la società meno corporativa. Ci sono infatti ceti, come i magistrati ad esempio, che hanno acquisito posizioni di reddito elevate o ci sono imprese con posizioni privilegiate negli affidamenti degli appalti da parte delle amministrazioni. Renzi con le sue politiche punta ad abbattere queste corporazioni. Il paradigma della Cgil invece è quello di rendere la società meno ineguale. Ma la esigenze della società odierna sono molto diverse da quelle degli anni '50».

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