PALERMO. Scattano i primi tre licenziamenti degli inabili alla Seus, la società che gestisce il 118 in Sicilia. Nell’azienda lo scorso anno era emerso che circa 40 autisti soccorritori non erano in grado di guidare ambulanze, alzare barelle e svolgere altri lavori pesanti per via di gravi patologie, mal di schiena e varie inabilità. La società ha provato a sistemare questo personale altrove, in Asp e ospedali ma qualche dipendente è rimasto in servizio. Per cui in base a quanto previsto dalla legge sono scattate le prime lettere di licenziamento.
Il caso era scoppiato a inizio del 2016 dopo le consuete visite sui 3.200 lavoratori. Dai certificati medici rilasciati era emerso un boom di patologie più o meno gravi, dal semplice mal di schiena a malattie ben più delicate, tutte comunque con un la stessa conseguenza: l’inabilità al lavoro di una quarantina di dipendenti, molti di più rispetto al passato, almeno in contemporanea.
Questi autisti soccorritori non potevano dunque più sostenere il peso di una barella e qualcuno neanche guidare l’ambulanza. Sistemarli in altri settori però non era facile: la Seus conta già 3.200 dipendenti di cui circa 500 da anni dichiarati in esubero tanto da essere piazzati all’interno delle Asp attraverso delle convenzioni.
Il presidente della Seus, Gaetano Montalbano, aveva lavorato per trovare una sistemazione a questi dipendenti in altre strutture. A Ragusa, ad esempio, all’Asp sono stati trasferiti 4 soccorritori che non potevano alzare la barella. Stessa soluzione a Enna e Siracusa dove in tutto sono andati circa dieci dipendenti. Qualcuno però è rimasto e ora rischia il posto.
"In poche parole un lavoratore, colpito da un infarto non solo deve subire il danno per il suo precario stato di salute ma anche la beffa di dover perdere il posto di lavoro": è la denuncia del deputato regionale Luca Sammartino. “Capisco che la Seus è costretta a licenziare perché non può utilizzare chi ha seri e gravi problemi di salute per la tipologia di servizio che svolge, ma che fine ha fatto la legittima tutela del lavoratore, del malato e del più debole? Tutto ciò è inaccettabile per un paese che si definisce civile”.
Montalbano intanto spiega cosa sta succedendo: “Abbiamo seguito quello che dice la legge, cioè in questi casi prima di tutto abbiamo provato a ricollocare in maniera utile il personale inabile. Questi tentativi li abbiamo fatti sia nell’azienda stessa sia chiedendo ai soci, cioè le aziende sanitarie. Per qualche dipendente non è stata trovata collocazione. La legge tutela comunque chi fa delle terapie salvavita e lo comunica all’azienda". In teoria non è detta l'ultima parola: "Se qualche Asp dovesse accorgersi adesso di avere bisogno di personale - dice Montalbano - saremo ben lieti di salvare il personale e trasferirlo”.
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