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Caso Sony, è scontro tra Usa e Corea: Pyongyang minaccia rappresaglie

Obama ha avvertito di stare considerando l'ipotesi di rimettere il regime nordcoreano nella lista dei Paesi sponsor del terrorismo, da dove era stato tolto sei anni fa

WASHINGTON. «Risponderemo in modo proporzionato, ma si è trattato di un atto di vandalismo cibernetico, non di un atto guerra». Barack Obama cerca di moderare i toni sull'attacco hacker alla Sony Pictures. Eppure, dopo averlo negato nei giorni scorsi, avverte che gli Stati Uniti stanno considerando l'ipotesi di rimettere la Corea del Nord nella lista dei Paesi sponsor del terrorismo, da dove Pyongyang era stata tolta sei anni fa.

L'Fbi ha puntato il dito contro il regime nordcoreano, il quale però a sua volta nega ogni responsabilità e, dopo aver insolitamente offerto di collaborare con Washington per «individuare i veri responsabili», oggi ha minacciato rappresaglie contro la Casa Bianca e altri obiettivi se gli Stati Uniti prenderanno misure nei suoi confronti.

«L'esercito e il popolo della Corea del Nord sono pienamente preparati per un confronto con gli Usa, in tutte le zone di conflitto, compresi gli spazi di cyber-guerra, per far esplodere queste cittadelle», si legge in un comunicato della Commissione nazionale di difesa di Pyongyang, diffuso dall'agenzia di stampa ufficiale.  Come se non bastasse, gli stessi hacker responsabili dell'attacco alla Sony sono tornati alla carica e con un messaggio-video diffuso su YouTube deridono l'Fbi: «Il risultato delle indagini è così eccellente che potreste aver visto cosa stavamo facendo con i vostri occhi. Ci congratuliamo. L'Fbi è la migliore al mondo. Siete degli idioti», scrivono i 'Guardiani della pace'.

Il cyber attacco ha 'costretto' la Sony Pictures a bloccare l'uscita di 'The Interview', il film satira sul leader Kim Jong un, dopo le minacce ai cinema che lo avessero proiettato. Un fatto che rappresenta un precedente pericoloso, e che ha suscitato polemiche negli Usa e le critiche dello stesso presidente. «Dovevano consultarmi, avrei parlato con le catene di cinema», ha insistito Obama in un'intervista concessa alla Cnn prima di partire per le festività natalizie alle Hawaii. «Se stabiliamo un precedente dove il dittatore di un altro Paese può interferire attraverso un cyber attacco sulla catena di distribuzione di una società e dei suoi prodotti, e di conseguenza iniziamo ad autocensurarci, questo diventa un problema», ha detto il presidente, aggiungendo che «non ci faremo intimidire dagli hacker.

È un'azione che prendiamo sul serio e per questo motivo il Congresso e i privati devono collaborare per adottare leggi più forti contro i cyber attacchi». Ma non tutti sono d'accordo. Secondo il senatore repubblicano dell'Arizona, John McCain, spesso critico nei confronti della politica estera di Obama, l'attacco alla Sony «è una nuova forma di guerra e dobbiamo contrastarla con una forma migliore di guerra».

Il senatore Lindsey Graham, della Carolina del Sud, lo ha definito «un atto di terrorismo» e ha sostenuto il ripristino delle sanzioni contro la Corea del Nord, incluso l'inserimento nella lista dei Paesi sponsor del terrorismo. «Gli Usa devono rispondere in maniera così dura contro i nordcoreani da indurli a non rifarlo nel futuro», ha ammonito.

Pur valutando quali misure intraprendere, gli Usa hanno cercato l'aiuto della Cina, il più stretto alleato della Corea del Nord. Un alto funzionario dell'amministrazione Obama ha detto che Washington e Pechino hanno condiviso informazioni sull'attacco e ha aggiunto sotto anonimato che la Cina e gli Usa sono d'accordo sul fatto che i cyber attacchi distruttivi violano le norme di comportamento nel cyber spazio.

Il coinvolgimento della Cina potrebbe comportare complicazioni. Pechino detiene una notevole influenza sulla Corea del Nord. Ma Obama ha spesso accusato proprio la Cina di sferrare attacchi informatici contro interessi americani.

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