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Le imprese sociali siciliane al Se Hubs di Atene: storie di eccellenza

Raccontare l'impresa sociale siciliana in Europa: i successi, le opportunità e la voglia di capire come si fa in altri paesi. Ubuntu che si occupa di bambini alla Vuccirìa sostenendo le madri lavoratrici del quartiere (palermitane o immigrate in fase di integrazione); Moltivolti che ha fatto del multiculturalismo la sua cifra imprenditoriale; Neu Noi con il suo coworking nel centro storico; Prism con i suoi cacciatori di bandi per progetti sovranazionali, linfa vitale per chi sperimenta nel terzo settore e anche nel profit; Isola Catania che fa networking all'ombra dell'Etna. Storie di imprese siciliane a confronto ad Atene per tirare le fila del progetto Se Hubs che ha coinvolto anche imprese della Grecia, della Bulgaria e della Polonia. Idee, buone pratiche, nuovi modelli, capitale umano e prospettive, i temi al centro di una due giorni di dibattiti.

"Sono incontri e opportunità perché fare rete ci serve in Europa", dice Alessandro Melillo fondatore di Prism. Patrizia Pappalardo guida Ubuntu e spiega che l'obiettivo della onlus è quello di diventare impresa sociale a tutti gli effetti, avendo cura di 60 bambini e delle loro famiglie a corto di servizi nel territorio. Moltivolti che fa ristorazione e ospitalità spinge sul valore della comunità: "Durante la pandemia ci siamo salvati per questo - dice il fondatore Giovanni Zinna - siamo venuti a raccontarlo ai nostri colleghi europei". L'altra scommessa, forse quella principale, è la ricerca di bandi europei per finanziare l'economia della solidarietà. Dario Ferrante, project manager di Prism, ci crede e dice che in città le competenze sono in crescita. Il salto di qualità è possibile. Una convinzione che lo accomuna a Rosario Sapienza a capo di Impact Hub che cura progetti ormai da lungo tempo nella Sicilia orientale, fra Siracusa e Catania. In piazza Sant'Anna a Palermo da tre anni si lavora a Xinergie, sotto la guida di Giovanni Zappulla. Al primo piano di un edificio antico sono stati allestiti 400 metri quadrati in cui convivono sale di danza, coworking, aule di formazione e soprattutto la voglia di innovare in cultura.

La fatica sta nel costruire solidità mettendo in campo creatività a vantaggio del territorio, condizioni indispensabili per attrarre anche donatori. Fermo restando che progetti Erasmus in collaborazione con le università e bandi di Bruxelles sono la via maestra per sostenere le social enterprises.

Il confronto con imprese di Bulgaria e Polonia, oggi alle prese anche con la necessità di aiutare rifugiati ucraini, è utile a rileggere la realtà attraverso rapide trasformazioni. In Paesi dell'est europeo si fa innovazione nell'ambito dell'inclusione dei più fragili. C'è attenzione alla disabilità. Ma la storia, drammatica, impone cambiamenti quando occorre aiutare che fugge dalle guerre.
La Grecia a sua volta impara a superare le ripetute crisi finanziarie degli ultimi anni, puntando su imprese sociali costituite da giovani che intercettano i bisogni di un Paese che vuole ripartire. Beppe Castellucci, anima di Neu Noi, nel suo racconto dallo spazio condiviso di via Alloro, chiosa sul domani che vuol dire trovare una chiave narrativa oltre lo stereotipo mafioso, oltre l'aspettativa cibo-sole e magari verso nuovi modelli di bellezza fatti di laboratori di idee.

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