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La lotta di classe in chiave burlesque: ecco "Ma Loute" - Video

ROMA. Già in concorso al Festival di Cannes, Ma Loute del regista francese Bruno Dumont (L'età inquieta, Camille Claudel), in sala dal 25 agosto con Movies Inspired, aveva rappresentato la lotta di classe 'in burlesque'.

Il film torna indietro all'estate del 1910 nella baia di Slack, per far vedere quanto odio e distanza ci fosse tra i ricchi e borghesi in vacanza in Normandia e i poveri pescatori locali.

Cast misto, star come Fabrice Luchini, Juliette Binoche, Valeria Bruni Tedeschi e perfetti sconosciuti per una storia «d'amore, poliziesca e politica» che mette in scena una sorta di giallo. Ovvero le misteriose sparizioni di alcuni turisti sulla spiaggia di Slack. In un film girato volutamente nel segno della caricatura, della maschera, dell'esagerazione interpretativa, si mettono sulle tracce dell'assassino l'obeso ispettore Machin, più fumetto che uomo, accompagnato dal suo mingherlino assistente. Al centro della storia la stucchevole e stereotipata famiglia borghese composta da Andrè Van Peteghem (Luchini), sua moglie Role (Bruni Tedeschi) a cui si aggiungono la sorella e il fratello di Andrè, ovvero la Binoche e Jean Luc Vincent con tanto di prole. Dark Side della località normanna, la famiglia di pescatori di mitili, ma anche di borghesi da mangiare, dove emerge la figura chiave di Billie, ragazzo di poche parole che, a volte, è preso da uno strano impulso di classe privo di ogni mediazione dialettica. Fatto sta che il rozzo Billie (Brandon Lavieville) si innamora di Gabi (Laurena Tellier), figlia sesso-ambivalente della Bruni Tedeschi, e le cose, tra mille gag, citazioni da Stanlio e Ollio a Magritte e immagini che si ispirano volutamente agli autocromi dei fratelli Lumiere, si complicano non poco.

Ha spiegato a Cannes il regista della differenza tra locali e borghesi vacanzieri in quegli anni: «Nei primitivi, il mito, il racconto, l'essere selvaggi, l'incesto, il cannibalismo fanno parte dello spettro umano. I pescatori sono allo stesso tempo naturali e assai fantastici. C'è dunque una dimensione poetica che mostra bene ciò che passa nei loro comportamenti. Diverso poi approcciare la cultura borghese, le sue menzogne, il suo straordinario cinismo, una cosa, quest'ultima, che mi interessava molto. C'è qualcosa di demenziale e anche abominevole nella purezza delle coscienze di questi borghesi. Allora come oggi».

E ancora Dumont: «Certo nel mio film c'è anche la violenza sociale. L'epoca si prestava particolarmente bene per raccontarla. Ma Loute è un film in cui ci si può specchiare, con tutta la distanza dell'umorismo, del dramma, della poesia. Una cosa per certi versi aerea ed eterea, ma allo stesso tempo che racconta bene che cos'è davvero la natura umana».

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