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La morte di Cutolo, ecco perché Fabrizio De Andrè si ispirò al boss in "Don Raffaè"

Un boss della camorra nel repertorio della musica italiana. È il caso di "Don Raffaè", iconico brano di Fabrizio De Andrè che torna alla ribalta in queste ore dopo la notizia della morte di Raffaele Cutolo.

E proprio al fondatore e capo della nuova Camorra organizzata che nel 1990 De Andrè dedicò una canzone.

"Io mi chiamo Pasquale Cafiero e son brigadiero del carcere oinè", questo l'attacco del brano, cantato in napoletano e ispirato appunto al camorrista Raffaele Cutolo, pluriomicida e sanguinario. Un faro anche sulle drammatiche condizioni della vita carceraria.

"Don Raffaè" fu un successo e in seguito fu ripresa anche da Roberto Murolo, massimo interprete della canzone napoletana d'autore. Il brigadiere Pasquale Cafiero chiede piaceri a don Raffaè: il cappotto per un matrimonio, un posto di lavoro per il fratello, e insieme consumano il rito del caffè «che sulo a Napule sanno fa».

Dal carcere di Ascoli Piceno dove era recluso, dopo aver ascoltato la canzone di "Faber", Cutolo scrisse a De Andrè e gli mandò un suo libro di poesie. Ma non fu l'inizio di un carteggio.

Cutolo è morto a 79 anni dopo una lunga malattia, nel reparto sanitario del carcere di Parma. Era il carcerato al 41bis più anziano. Nell’ultimo periodo era stato più volte trasferito dal carcere al reparto ospedaliero.

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