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La Dia: la mafia rialza la testa approfittando della pandemia. A Palermo patto coi nigeriani

In Sicilia la coesistenza di diverse matrici mafiose, «sia autoctone che allogene, si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari». È quanto emerge dall’ultima Relazione semestrale presentata alle Camere dalla Dia, la Direzione investigativa antimafia, secondo cui «in questo ambito rappresentano un "quid novis" i rapporti con le mafie nigeriane, soprattutto nella città di Palermo, dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti. I "cults" nigeriani sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente, nonostante la pandemia».

Il «welfare state» mafioso

La droga continua a rappresentare «la principale forma di arricchimento» e nemmeno «la pressione estorsiva sembra essersi attenuata: l’indole parassitaria di Cosa nostra continua a rappresentare un "fondamentale" irrinunciabile della mafiosità, anche in una contingenza economico-finanziaria fortemente condizionata dalla crisi conseguente alla diffusione della pandemia da Covid-19». Cosa nostra, e più in generale la criminalità organizzata di tipo mafioso, «riesce a realizzare un controllo diffuso e capillare sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online» e si conferma capace di «colmare ogni forma di vuoto dello Stato in ragione di una solida attitudine a sfruttare le debolezze e a speculare su aziende e comunità in difficoltà. La crisi pandemica, aggravando una crisi economica e sociale risalente nel tempo, avrebbe favorito la crescita del consenso soprattutto nelle aree più povere della Sicilia. Il "welfare state" mafioso capace di assicurare posti di lavoro presso aziende e attività commerciali sottoposte a estorsione, impieghi nella filiera criminale dello spaccio di sostanze stupefacenti e distribuzione di generi alimentari in favore di famiglie in difficoltà, rappresenta oggi il miglior investimento possibile delle mafie per garantirsi in futuro il perpetuarsi del controllo sociale e territoriale».

Droga  e tratta il core business dei clan stranieri

«Il core business dei gruppi stranieri in Italia è incentrato sul traffico di droga ma sono significativi per dimensioni e pericolosità anche la tratta di esseri umani e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», emerge inoltre dalla relazione della Dia, che sottolinea in primis la crescente pericolosità dei sodalizi nigeriani, «inseriti a pieno titolo nel narcotraffico utilizzando una complessa rete di corrieri "ovulatori" che introducono nel territorio nazionale eroina e cocaina avvalendosi dei normali vettori aerei e terrestri oppure sfruttando le rotte dei flussi migratori irregolari». La criminalità nigeriana è dedita anche al traffico di esseri umani, legato allo sfruttamento della prostituzione e all’accattonaggio forzoso oltre che alla falsificazione di documenti, alla contraffazione monetaria, alle truffe e frodi informatiche.

La criminalità cinese

La criminalità cinese presenta «una struttura sostanzialmente gerarchica, le cui connotazioni sono incentrate su relazioni di carattere familiare e solidaristico. In taluni casi sono emersi accordi di tipo funzionale con organizzazioni italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici volti alla gestione della prostituzione, alla commissione di reati finanziari e al traffico di rifiuti». I reati principali commessi all’esterno dell’alveo etnico risultano essere «la contraffazione, il traffico e lo spaccio di metamfetamine, i reati finanziari e le illecite movimentazioni di denaro, la gestione di giochi e scommesse clandestine».

La criminalità albanese

Il settore di interesse prevalente per la criminalità albanese è quello del traffico di sostanze stupefacenti «sebbene risulti attiva anche nel traffico di armi, nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione talvolta in accordo con organizzazioni rumene e nigeriane». Nel narcotraffico, in particolare, «le consorterie schipetare si qualificherebbero come particolarmente affidabili ed ormai pienamente affermate sullo scenario internazionale».

Le altre

La criminalità romena si esprime «sia in forma non organizzata, sia attraverso veri e propri gruppi strutturati. In quest’ultimo caso i sodalizi, talora multietnici, si indirizzano verso attività illecite più complesse e redditizie quali il traffico di droga e di armi». La criminalità organizzata sudamericana «opera soprattutto in varie regioni del Nord Italia, segnatamente in Lombardia e Liguria, e in misura minore nel Lazio. Si tratta di sodalizi che oltre a essere dediti alla commissione di reati contro il patrimonio e allo sfruttamento della prostituzione collaborano con altre consorterie straniere o italiane nella gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina». La criminalità balcanica e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica «è principalmente attiva nella commissione di reati contro il patrimonio, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il traffico di armi, le truffe, il contrabbando, lo sfruttamento della prostituzione, i furti di rame e il traffico di stupefacenti» mentre i sodalizi criminali di origine nord-centro africana hanno da tempo evidenziato «il preminente interesse per il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, per i reati connessi con la filiera dell’immigrazione clandestina, spesso contestuale al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, nonché per la tratta e lo sfruttamento di lavoratori stranieri». Le organizzazioni criminali formate da soggetti provenienti dai Paesi del Medio-Oriente e del Sud-est asiatico, infine, sono «attive nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nel traffico di stupefacenti, in particolare eroina, importata dai Paesi di provenienza ricalcando le rotte di transito dei migranti. Si registrerebbero tuttavia anche attività nel settore dell’usura e del riciclaggio». Si tratta in genere di consorterie multietniche - quelle del Sud-est asiatico a prevalente matrice indiana e pakistana - che agirebbero in cooperazione con la criminalità dell’area balcanica, nonché con quella turca e greca».

L'identità mafiosa ostentata sui social

C'è anche una sorta di social media marketing nell'attività delle mafie. «È sempre più frequente - denuncia la Dia - l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici», segnala ancora la Dia secondo cui «forte è il rischio che l’identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra. Attraverso fotografie e post gli affiliati alle organizzazioni criminali ostenterebbero l’appartenenza al gruppo e commenterebbero le azioni di fuoco: l’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo, unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente, fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio».

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