Il testo del dispositivo del processo di appello sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, pronunciato dalla Corte di assise di appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino e Vittorio Anania, giudice a latere: "In parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Palermo in data 20 aprile 2018 assolve Giuseppe De Donno, Mario Mori e Antonio Subranni dalla residua imputazione a loro ascritta per il reato di cui al capo A, perchè il fatto non costituisce reato".
"Dichiara - prosegue - non doversi procedere nei riguardi di Leoluca Bagarella, per il reato di cui al capo A, limitatamente alle condotte commesse in pregiudizio del governo presieduto da Silvio Berlusconi, previa riqualificazione del fatto come tentata minaccia pluriaggravata a corpo politico dello stato, per essere il reato così riqualificato estinto per intervenuta prescrizione. E per l’effetto ridetermina la pena nei riguardi di Bagarella in 27 anni di reclusione".
"Assolve Marcello Dell’Utri Marcello dalla residua imputazione per il reato di cui al capo A, come sopra riqualificato, per non avere commesso il fato e dichiara cessata l’efficacia della misura cautelare del divieto di espatrio già applicata nei suoi riguardi". La Corte ha revocato le statuizioni civili nei riguardi degli imputati De Donno, Mori, Subranni e Dell’Utri e rideterminato in 5 milioni di euro l’importo complessivo del risarcimento dovuto alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La Corte d’assise ha per il resto confermato "nel resto l’impugnata sentenza anche nei confronti di Giovanni Brusca e condanna gli imputati Bagarella Cinà alla rifusione delle ulteriori spese processuali in favore delle parti civili (Presidenza del Consiglio dei ministri, presidenza della regione siciliana, comune di Palermo, associazione tra familiari contro le mafie, centro Pio La Torre. La corte ha fissato il 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni".
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