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Sicilia zona arancione, l'Iss spiega le aree di rischio: "Alcune regioni in difficoltà coi dati"

La conferenza stampa in diretta del ministero della Salute e Iss per illustrare gli indicatori che hanno portato alla definizione delle tre aree di rischio previste nell'ordinanza del 4 novembre 2020, con la Sicilia in zona arancione tra mille polemiche.

Non è solo una questione legata ai nuovi casi, ma è determinante anche capire quanto il virus corre veloce sul territorio e la capacità dei singoli territori di riuscire a far fronte, compresa la capacità di raccogliere dati. Il sistema che è stato messo in piedi per monitorare l’evoluzione della pandemia in Italia mette insieme tra loro i dati epidemiologici del virus (il numero dei casi, l’indice Rt che mostra la capacità di un infetto di infettare altre persone, e il numero dei ricoveri, inclusi quelli in terapia intensiva) con i dati riferiti alle strutture sanitarie, al tasso di saturazione dei servizi sanitari su quello specifico territorio (per esempio il livello di saturazione dei reparti di terapia intensiva) e con quelli che servono a valutare la capacità da parte delle strutture sul territorio (le regioni) di raccogliere e acquisire informazioni sull'evoluzione della pandemia. Il tutto confluisce in una dashboard in cui tutti questi dati sono combinati per valutare un livello di rischio per ciascuna regione.

La valutazione è effettuata da una Cabina di Regia a cui partecipa oltre al dipartimento della prevenzione del Ministero della Salute (Gianni Rezza è il direttore generale di questo dipartimento), l’Istituto Superiore di Sanità (Presidente Silvio Brusaferro) e i membri designati dalla Conferenza delle Regioni (in questo caso Lombardia, Campania e Umbria). L’attività di raccolta dei dati è attiva sin dallo scorso mese di maggio. Nel corso della conferenza stampa il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha mostrato una vera e propria timeline dove sono raccolte, settimana dopo settimana le valutazioni di rischio delle singole regioni a partire dal 4 maggio e fino al 25 ottobre. Nella timeline è evidenziato chiaramente che i primi segnali di una ripresa della circolazione del virus sono stati individuati già nel periodo tra il 6 e il 19 luglio quando si è registrato un aumento dei casi a livello nazionale tale da indicare l’inizio di un passaggio di fase che si è poi concretizzato tra il 28 settembre e il 4 ottobre, una decina di giorni prima che aprissero le scuole.

E’ nella settimana che va dal 12 al 18 ottobre che la situazione, sotto il profilo epidemiologico e di rischio ha però subito una vera e propria accelerazione fino ad arrivare ai dati di questa sera. Cardine del sistema di sorveglianza è il calcolo del fattore Rt quello che serve a indicare la velocità di trasmissione del virus. Si tratta di un indice che misura la capacità di un soggetto infetto di infettare altre persone. Se è inferiore a uno significa che l’epidemia è in regressione, se invece è superiore a 1, il virus si diffonde con velocità crescente. Nel caso specifico, il sistema individuato dal Ministero della Salute prevede quattro differenti scenari.

Lo scenario uno, quello cioè definito da una situazione di trasmissione localizzata (focolai) in cui l’Rt regionale è sopra il livello di soglia per un periodo inferiore a un mese. Lo scenario numero due è invece quello in cui c'è una situazione di trasmissione sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario territoriale con livelli di Rt compresi tra 1 e 1.25. Lo scenario 4 è invece quello in cui c'è una situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta per il sistema sanitario caratterizzata da indici Rt compresi tra 1,25 e 1,50 e infine lo scenario 4 con criticità per il sistema sanitario e con indici Rt sistematicamente superiori a 1,5.

Attualmente, il nostro Paese si trova nello scenario 3 con una situazione di trasmissione alta con un’alta probabilità di peggioramento e con «molteplici allerta di resilienza» che mostrano che il sistema sanitario sta per andare in sofferenza. In questo contesto, il sistema prevede che vengano prese in esame misure restrittive che puntino a mitigare la diffusione del virus anche attraverso misure restrittive a livello provinciale. All’interno di questo scenario sono previste anche delle restrizioni locali temporanee per almeno 3 settimane, (zone rosse a livello di singolo comune o di singolo impianto produttivo, o quartiere).

Ad oggi, 11 Regioni e Province Autonome sono classificate a rischio elevato di una trasmissione non controllata di SARS-CoV-2. Di queste, 5 sono considerate a rischio alto a titolo precauzionale in quanto non valutabili in modo attendibile perchè la completezza del dato di sorveglianza è insufficiente al momento della valutazione: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Val d’Aosta, Veneto. Altre 8 Regioni/PA sono classificate a rischio moderato con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese: Campania, Emilia-Romagna, FVG, Lazio, Molise, P.A. Bolzano, P.A. Trento, Umbria. Tutte le Regioni, tranne il Molise, hanno riportato criticità di resilienza.

Alcune regioni, soprattutto quelle a rischio più alto, «hanno un problema di stabilità del dato», per via delle difficoltà «nella raccolta dei dati». Lo ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, al punto stampa al ministero della Salute sull'analisi dei dati della cabina di regia regionale. «Ci sono regioni come la Val d’Aosta - ha spiegato - che hanno difficoltà a raccogliere dati per un periodo consistente, il che porta secondo l’algoritmo definito a un rischio alto».

«Si lavora su indicatori come incidenza, Rt, occupaziune posti letto: se c'è un regione con apparentemente pochi casi e ha alta occupazione terapie intensive, quella è una regione in sofferenza . Sono dati che vanno letti nella loro interezza. Dati che fanno riferimento a incidenza, Rt e resilienza», dice il direttore Prevenzione del dicastero della Salute Gianni Rezza alla conferenza stampa di oggi al ministero.

«Troviamo in rosso la Calabria che ha una incidenza inferiore ma un Rt molto alto. Come può una regione avere una incidenza relativamente bassa e un Rt alto? Perchè l'indice Rt stima la tendenza e dice che in questo momento c'è un aumento della trasmissione dell’infezione, ciò vuol dire che si manifesterà un aumento dei casi. Se in quella regione, inoltre, si registra una sofferenza del sistema con un indice di occupazione di posti letto e terapia intensiva sopra il 50%, a quel punto ci si trova in una situazione di alto rischio».

«Siamo alla 24esima settimana di monitoraggio, dal 4 maggio lavoriamo in pieno accordo con le regioni alla cabina di regia per il monitoraggio dell’andamento dell’epidemia», dice il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, al punto stampa al ministero della Salute sull'analisi dei dati della cabina di regia regionale, dopo le polemiche di alcune regioni per i criteri di assegnazione dei livelli di rischio.

«Ci sono una serie di strumenti - ha ricordato Brusaferro - che ci aiutano a capire come affrontare il rischio. Il primo, normato con un decreto del ministero della Salute del 30 aprile, viene istituita la cabina di regia, che fa capo al ministero, per collezionare ed elaborare una valutazione del rischio su base settimanale. E ci dà un’indicazione abbastanza precisa di come viaggia il virus. Il flusso di questi indicatori viene generato nei servizi sanitari regionali e inviato a Iss e ministero, quindi vengono assemblati i dati e vengono poi valutati secondo una dimensione del rischio. Questo viene fatto su base settimanale - ha aggiunto - in stretta collaborazione tra regioni, iss e ministero. In cabina di regia peraltro ci sono anche 3 rappresentanti delle regioni, da Lombardia, Umbria e Campania».

«C'è stata una prima fase in cui abbiamo modellato la curva, una seconda in cui la curva è stata decrescente ed è rimasta tale per molto tempo, poi ci sono le fasi successive che ci aspettano nel futuro. Oggi siamo in una fase di transizione e modulazione, in cui ci sono delle ricrescite in cui bisogna per controllare la diffusione, riportandola a valori più controllabili o a velocità più controllata, in modo tale da poter affrontare i prossimi mesi in attesa di poterci collocare nella fase 3».

Il criterio di valutazione del rischio delle regioni «è la combinazione di scenari di rischio che noi definiamo per decidere le misure, che non dobbiamo inventarci ma vengono definite nei documenti che abbiamo prodotto. Su questa base lo scenario dei giorni scorsi ha classificato un’Italia con alcune regioni a rischio alto, e alcune di queste hanno un problema di stabilità del dato, altre a rischio moderato. Su questa base ogni regione ha condiviso questo tipo di valutazione e, come avvenuto in tutte queste settimane, ha ricevuto dal ministero una valutazione degli indicatori».

 

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