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Nomadland dà voce a chi vive ai margini della società e trionfa: il trailer del miglior film agli Oscar

L'Oscar per il miglior film alla 93esima edizione dei premi va a Nomadland di Chloé Zhao. Favorito in partenza e già vincitore del Leone d’oro a Venezia, la statuetta è per i produttori Frances McDormand, Peter Spears, Mollye Asher, Dan Janvey e Chloé Zhao.

Tratto dall’omonimo libro di Jessica Bruder, Nomadland è un continuo viaggio nella realtà dei nomadi americani. Un viaggio che sa di solitudine, che non ha meta. E che forse non vuole neppure averla. E questa realtà è affidata allo strabiliante talento di Frances McDormand, (Fern nel film) che impersonifica un piccolo microcosmo di America: una fabbrica che smette di esistere, assieme alla sua piccola cittadina. Fern perde tutto: casa, lavoro, marito.
‘Anche se il timore avrà più argomenti, tu scegli la speranza’ diceva Seneca nelle sue epistole a Lucilio. La strada che sceglie Fern, quella del perpetuo viaggio attraverso i panorami mozzafiato dell’Ovest americano, le Badlands del South Dakota, il deserto del Nevada, fino al Pacific Norhwest assieme ai nomadi americani, è una strada lontana da una speranza liberatoria e ha più il sapore della sopravvivenza.

Fern appare come in un moto oscillante tra il vitalismo coadiuvato dal contatto con la natura, la riscoperta di sé stessi ed un’ombra - come scriveva Cechov - che si aggira tra gli altri essere umani, senza sapere chi è, perché vive, cosa cerca. Ma Fern sceglie di continuare a vivere e di non rifugiarsi in un’esistenza fittizia che anticiperebbe la perdita dell’intimità mentale.

Nomadland infondo insegna ad ognuno di noi che forse si può vivere non esistendo, cercando di convivere nonostante le radici più intime andate ormai via, con indefinibili spazi che sanno più di morte che di vita. Ma è da questo che riparte Fern con le ferite di un volto che nonostante tutto non cede alla rassegnazione, che accoglie tutti a braccia aperte; una donna che insieme alla realtà dei nomadi ha ritrovato un senso primitivo dello stare al mondo. E le note in sottofondo di ‘’Oltremare’’ di Einaudi attorniano teneramente tutti. Anche noi spettatori. Tanti furgoncini che si ritrovano tra rocce, deserti e colline si erigono a rappresentare una realtà angusta, che ha tagliato fuori, senza diritto di replica, i più sfortunati. Sono gli Stati Uniti sconvolti dalla recessione.

Già acclamata e pluripremiata per ‘’The Rider’’ la giovane e talentuosa regista cinese Chloè Zhao, accompagna silenziosamente la protagonista in una realtà in continuo contrasto tra l’essere e l’essere per il nulla. Tra la vita e la morte nell’anima. Tra il tormento per il futuro e quello del passato.

Ma Chloè Zhao sceglie la vita e accompagna Fern ad abbandonare i ricordi, a non ‘’remare senza sosta risospinti verso il passato’’(Fitzgerald, Il Grande Gatsby). Al termine di questo intenso lungometraggio c’è anche spazio ad un inno alla vita: quando non puoi essere legato più a nulla, lontano da ogni brivido di beatitudine, rimani tu, con te stesso. Ed una lotta lancinante, a volte impari, contro la più atroce quotidianità. Il tempo lenisce ogni ferita, ci hanno insegnato a pensare. Ma nel caso di Nomadland, il tempo si smaterializza e non resta che dirsi a vicenda: ‘'ci vediamo lungo la strada".

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