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Papa Urbano VIII torna a casa a Palazzo Barberini

ROMA - Un ritorno a casa, in un luogo che secoli fa è stato 'familiare': è vissuto così, tra emozione e orgoglio, l'arrivo da Firenze a Palazzo Barberini del busto in bronzo di Urbano VIII eseguito da Gian Lorenzo Bernini nel 1658, opera eccezionalmente concessa in prestito dal Principe Corsini alle Gallerie Nazionali di Arte Antica. A partire dal 6 ottobre, e fino al 30 luglio 2023, il busto sarà esposto per la prima volta nella storia accanto al suo 'prototipo', la versione in marmo del Ritratto di Urbano VIII (datata 1655 circa, quindi quasi coeva) appartenente alla collezione del museo, in una sala (affrescata mirabilmente da Andrea Sacchi con la "Divina Sapienza" e che da lui prende il nome) tutta dedicata ai protagonisti della famiglia Barberini.

Un'occasione unica quindi, non soltanto per ammirare lo straordinario talento del Bernini, ma anche per riflettere sugli esiti mirabili di un sodalizio duraturo e prolifico, e di una vera e propria amicizia tra l'artista e il suo committente Maffeo Barberini, salito nel 1623 al soglio pontificio con il nome di Urbano VIII. Bernini infatti fu chiamato più e più volte a rappresentare il Papa, anche oltre la sua morte (avvenuta nel 1644), forgiando ritratti capaci di fondere insieme l'identità del soggetto e il solenne magistero dell'investitura. Ma proprio perché artista eccelso, come dimostra il confronto diretto tra le opere oggi finalmente possibile in una stessa stanza, Bernini riuscì in ogni lavoro a 'rielaborare' l'immagine del suo illustre soggetto, per renderla imperitura andando comunque avanti nella sua ricerca, apportando dunque differenze visibili pur partendo da elementi iconografici comuni. Se l'opera in marmo rappresenta un ritratto più pubblico, che ha fatto da prototipo per altri lavori e che quindi offre un'immagine destinata a essere "serializzata", nel busto in bronzo Bernini, già maturo, ha proseguito nella sperimentazione, realizzando un'opera dalla superficie non levigata né lucida, che ricorda la terracotta.

Ma l'arrivo del busto (appartenente ai Corsini dalla metà dell'800, in seguito al matrimonio tra Anna Barberini e Tommaso Corsini) offre anche un ulteriore tassello al racconto della storia del Palazzo, luogo deputato a rappresentare l'immagine di una famiglia, i Barberini appunto, che ha sempre profuso grandi sforzi nella propria autocelebrazione soprattutto attraverso l'arte. "Siamo davvero orgogliosi di questo ritorno a casa", ha detto oggi Sabina Corsini, giunta a Roma per partecipare alla presentazione dell'opera. "L'opera era qui alla fine del 1600", ha aggiunto la direttrice delle Gallerie Nazionali Flaminia Gennari Santori, confermando l'inizio di un "cammino che potrebbe forse portare verso l'acquisto da parte del museo dell'opera: il destino naturale di un'opera del genere è la fruizione pubblica. Con questo ritorno apriamo un anno dedicato ai Barberini e in particolare a Maffeo, per i 400 anni dal suo pontificato, su cui faremo a marzo una mostra. Inoltre il busto bronzeo dimostra ancora una volta quanto le collezioni Barberini e Corsini siano legate: e proprio la loro storia noi cerchiamo di raccontare".

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