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Arte tra corpi e sogni, in Biennale l'eco dell'Ucraina

VENEZIA - Un elefante a grandezza naturale, in poliestere ossido di cromo verde scuro, posto su un alto piedistallo bianco accoglie il visitatore nella sala Chini, all'ingresso del Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale di Venezia, per la 59.Esposizione Internazionale d'arte che prende il titolo da un libro di favole, "il latte dei sogni", dell'artista surrealista Leonora Carrington. E' l'opera di Katharina Fritsch, Leone d'oro alla carriera assieme a Cecilia Vicuna, destinata probabilmente ad essere eletta, leggendovi una ironica messa in discussione delle gerarchie care alle statue che dominano gli spazi pubblici, tra gli emblemi di una mostra, a cura di Cecilia Alemani, che parla di corpi, di metamorfosi, di rapporto con la natura, di un possibile futuro post-umano. Il tutto, però, con una chiave che pare aprire la strada all'ottimismo, alla volontà di guardarsi dentro, alla voglia di un ritorno al confronto e al dialogo, di interrogarsi, ora oniricamente ora con i toni della tragedia, sul bisogno di un nuovo rapporto dell'uomo con la natura, con le diverse forme naturali e con le tecnologie.

La curatrice, dopo un lavoro di circa tre anni dal conferimento dell'incarico, con due anni di pandemia che hanno consentito solo incontri a distanza senza la possibilità di compiere visite negli studi per vedere le opere, è riuscita a tessere una mostra, attraverso i lavori di 213 artiste ed artisti provenienti da 58 nazioni (26 le presenze italiane), carica di colori, di lavori dove i mostri, le creature dell'inconscio, gli esseri nati dall'incontro con le macchine non fanno paura. Ci sono tanti quadri, oggetti, sculture, fotografie e pochissimi video, all'interno di un percorso molto ordinato che si dipana tra il Padiglione Centrale e l'Arsenale. "Il latte dei sogni" è un "viaggio" trans-storico, declinato in grandissima maggioranza da artiste, che va dalle avanguardie storiche del '900, con il surrealismo avanti a tutte, fino alle espressioni più attuali dell'arte contemporanea, che si sviluppa lungo le sale, anche grazie alle cinque capsule del tempo centrare su temi specifici volute da Cecilia Alemani. Ai Giardini, ci sono opere che centrano la loro attenzione attorno a questioni che riguardano il corpo, le sue trasformazioni, in una carrellata che va dalle " antenate", ma quanto mai attuali, come Carol Rama o Remedios Varo, ai "quadri a maglia" di Rosemarie Trokel all'omaggio alla laguna di Venezia di Cecilia Vicuna, alla sala dedicata alle figure dipinte da Paula Rego, alle sculture di June Crespo, al video di Nan Goldin, ai piccoli dipinti di Chiara Enzo, giovane artista veneziana.

All'Arsenale, vista anche l'ampiezza dello spazio, più forte la presenza di grandi opere, di sculture, con in apertura un'opera gigantesca di Simone Leigh, con al centro, in particolare, le questioni legate al rapporto con la natura. Tra le presenze, di grande impatto i quadri di Noah Davis, le opere-maschere di Tau Lewis, i disegni di Rosana Paulino, i lavori di Violetta Para, l'installazione di Raphaela Vogel, il lavoro di Barbara Kruger o la sala-orto, con figure umane che escono e sono fatte di terra, di Pfrecius Okoyomon. Da domani, la Biennale arte entra nel vivo con i tre giorni di pre-aperrtura prima dell'inaugurazione di sabato, ma il clima è già quello delle grandi occasioni, anche se pesa negli animi l'eco della guerra in Ucraina, il cui padiglione è già uno dei più frequentati. L'artista Pavlo Makov ha sottolineato che non è "importante essere qui come artista. Questo è il padiglione dell'Ucraina e dobbiamo fare il meglio per rappresentare la cultura, la dignità e la storia dell'Ucraina". Makov ha ringraziato la Biennale e l'Italia per l'aiuto e la solidarietà e ha aggiunto che l'Europa non ha capito che anche "l'arte, la musica, sono stati anch'essi strumenti di potere per la Russia".

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