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Le foto di Guido Rossa, l'altra vita dell'operaio sindacalista

ROMA - C'è un ''dopo'' nella storia di Guido Rossa, l' operaio sindacalista assassinato dalle Br nel 1979, che lo inchioda alla stagione sanguinosa e cruenta degli anni di piombo. Il suo destino di vittima del terrorismo ha rimosso il lungo ''prima'' della sua vita, intreccio tra l' impegno politico e la passione per l' alpinismo e la fotografia che partiva da lontano, da un viaggio che lo aveva portato in Nepal nel 1963 per documentare la spedizione del Cai alla conquista dei settemila metri del Langtang Lirung. Rossa aveva scoperto così la potenza evocativa degli scatti e dalla montagna che tanto amava aveva esteso lo sguardo ai mari, ai laghi, agli alberi, ai luoghi e alle vicende grandi o di poco conto delle persone cercando in ogni occasione il contatto affettivo.

Genova, che documentò imbiancata dalla neve proprio nei suoi ultimi giorni di vita insieme con la figlia Sabina, gli dedica fino al 20 febbraio la mostra ''Guido Rossa fotografo. Anche in una piccola cosa'', racconto del profilo sconosciuto del militante sindacale comunista dell' Italsider assassinato dai brigatisti per aver denunciato un collega che distribuiva in fabbrica volantini con la stella a cinque punte. A Palazzo Ducale settanta immagini scelte da Gabriele D'Autilia e Sergio Luzzatto, con il contributo appunto di Sabina Rossa che ha aperto l'archivio del padre, formano i due grandi capitoli in cui si snoda il percorso. ''Oltre quarant'anni dopo l'omicidio politico che segnò una svolta nella storia d'Italia - spiegano i curatori - è venuto il momento di guardare alla figura di Guido Rossa secondo una prospettiva nuova, non più riducendo il discorso entro l'unica cornice dell'eroe caduto in difesa delle istituzioni repubblicane ma collocando la dimensione artistica della sua vita entro la varietà dei suoi contesti, alpinistico, politico, industriale, culturale".
    Rossa aveva cominciato nel 1949 a lavorare in fabbrica alla Fiat di Torino. Gli scalatori dei monti piemontesi lo conoscevano bene, le imprese collezionate quando non aveva ancora venti anni avevano assunto un che di leggendario, sia per il suo essere anticonvenzionale - una volta si presentò in giacca, cravatta e scarpe da città per salire su una cima - o per le trovate di sua invenzione come i chiodi artigianali ad espansione. Il suo era un alpinismo ''proletario'', lontano dalla visione aristocratica degli arrampicatori del Ventennio.

Amava stupire, trasgredire, rompere i tabù chiamandosi fuori dalle scuole di alpinismo. Nel 1961 arrivò a Genova, come operaio all'Italsider di Cornigliano. Qui conobbe il pittore Eugenio Carmi, all' epoca responsabile della direzione artistica e della comunicazione dell' azienda, grazie al quale mise alla prova la sua vena creativa con la macchina fotografica. Fu la scoperta ''di uno uno spazio di libertà, un impegno silenzioso e intimo''. La stessa esperienza himalayana, gli svelò ''una dimensione spirituale che costringe a riflettere, anche attraverso l'obiettivo fotografico''. La spedizione dei rocciatori italiani - fallita per la morte di due cari amici, tragedia che fu all' origine del suo ripensamento del modo di intendere l' alpinismo - diventò occasione anche per un reportage sul mondo indiano e nepalese, in particolare sulla povertà delle comunità locali. Nei suoi scatti, accompagnati dalle annotazioni dettagliate dei suoi taccuini, entrarono i fedeli indù a bagno nelle acque del Gange, le donne mendicanti e gli incantatori di serpenti, i monaci buddhisti, i bambini dei campi profughi tibetani. Rossa era un autodidatta della fotografia, un fotoamatore del tempo libero interessato a cogliere emozioni più che a sfare sfoggio di capacità tecniche.

La mostra punta a descrivere non come scattava ma perché, la ricerca della bellezza nelle meraviglie della natura così come nelle piccole cose. Ecco quindi l' ambiente e i paesaggi, la pagina riservata a Genova con gli antichi palazzi, i portali, gli archi, le colonne, gli affreschi interni, i dipinti, i ritratti pittorici dei personaggi storici, le decorazioni, e le vedute dall'alto per mostrarne l'urbanizzazione selvaggia.

Scorci naturali e i segni di antropizzazione nella regione si affiancano alle fotografie delle antiche vie consolari romane, gli acquedotti, i ponti, tracce dell' intervento dell' uomo. Nonostante abbia segnato profondamente la sua vita, il tema dell' impegno politico fotograficamente risulta quasi marginale. ''Per Rossa - osservano i curatori - c'è quasi una vita parallela in cui la dimensione sociale e politica, per quanto coinvolgente, si rivela inadeguata a soddisfare la sua personalità inquieta, sensibile all'arte e alla poesia''. Il metalmeccanico sindacalista innamorato della montagna e della fotografia fu ucciso all' alba del 24 gennaio 1979. Poche settimane prima, durante una riunione di alpinisti, aveva confidato ad un amico: ''Mi hanno minacciato di brutto. Va a finire che ho rinunciato a far carriera per il sindacato, e adesso quegli altri mi fanno fuori". 

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