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I marmi Torlonia, tesoro di storia e bellezza

ROMA - E' famosa come la "collezione delle collezioni", un patrimonio inestimabile composto da tesori che tolgono il fiato tanto sono preziosi e che riflette il sogno di un uomo visionario appassionato del mondo classico: dopo un percorso complesso non privo di difficoltà, tra cui l'emergenza sanitaria degli ultimi mesi che ne ha bloccato il cammino, arriva finalmente alla fruizione collettiva la mostra "I marmi Torlonia. Collezionare capolavori", allestita nella nuova sede espositiva dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli dal 14 ottobre al 29 giugno.

Frutto della collaborazione tra istituzioni pubbliche e private - il Mibact, la Fondazione Torlonia, il Comune di Roma e il contributo di Bulgari per i restauri -, la mostra, curata da Salvatore Settis e Carlo Gasparri, presenta 92 opere, selezionate tra i 620 marmi catalogati e appartenenti alla collezione Torlonia, la più prestigiosa collezione privata di sculture antiche. Alla cerimonia di inaugurazione è intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Con l'allestimento di David Chipperfield Architects Milano, che prevede ogni singola opera messa in risalto da uno sfondo colorato e un percorso di basamenti neutri realizzati con mattoni di argilla nera che articolano lo spazio, l'esposizione, dopo Roma, dovrebbe viaggiare anche all'estero in un lungo tour, le cui tappe causa Covid ancora non sono state però definite. Il racconto della storia del collezionismo dei marmi antichi, romani e greci, inizia rievocando proprio il Museo Torlonia, sognato e fondato nel 1875 dal principe Alessandro Torlonia e rimasto aperto fino agli anni '40 del '900. Un museo innovativo e rivoluzionario, di concezione già moderna (come dimostra l'imponente catalogo a cura di Pietro Ercole Visconti, esposto in mostra nell'edizione del 1884 e primo esempio di un catalogo di sculture antiche integralmente riprodotte in fototipia) che presto rinascerà proprio grazie all'intesa firmata nel 2016 tra Mibact e la Fondazione Torlonia. E questa mostra rappresenta il primo step verso la riapertura, come sottolinea il ministro Dario Franceschini, che firmò l'accordo quattro anni fa: "Lo Stato italiano è pronto a mettere risorse e luoghi per creare un museo consono a ospitare la collezione Torlonia. Sono stati individuati alcuni luoghi possibili, ma tutto sarà condiviso con istituzioni ed eredi. Intanto alla conferenza Stato Regioni abbiamo già deliberato lo stanziamento di 40 milioni di euro per la ristrutturazione di Palazzo Silvestri-Rivaldi di Roma che potrebbe essere idoneo a ospitare il Museo", dice, "le opere della mostra sono capolavori assoluti. Purtroppo il dato epidemiologico condiziona il modo in cui le mostre vengono visitate, ma non importa, intanto questo è un primo passo verso il museo".

Soddisfazione espressa anche dalla sindaca di Roma Virginia Raggi, che sottolinea la proficua "collaborazione tra pubblico e privato" e "la restituzione finalmente al pubblico degli spazi di Palazzo Caffarelli" in cui la mostra è ospitata. Cinque le sezioni che compongono il percorso espositivo concepito a ritroso: dal museo così come era nell'800 si passa alla raccolta di opere trovate nelle proprietà Torlonia, poi alle forme del collezionismo del '700, con le sculture provenienti dalle acquisizioni di Villa Albani e della collezione dello scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi, fino a una selezione dei marmi di Vincenzo Giustiniani, uno dei più sofisticati collezionisti romani del '600, e ad alcuni pregiatissimi pezzi da collezioni di famiglie aristocratiche del '400 e '500. La mostra riflette l'impegno nella "conservazione, lo studio e la condivisione della Fondazione Torlonia", afferma il presidente Alessandro Poma Murialdo, ma anche la tenacia di suo nonno Alessandro Torlonia, scomparso nel 2017, "che non è riuscito a vedere realizzato questo progetto".

"Proprio per mantenere la promessa di riaprire il grandioso Museo Torlonia, sancita con l'accordo del 2016 - dice il curatore Settis - si spiega l'ostinata tenacia con cui si è lavorato alla mostra", nella quale, ricorda, "c'è solo il 15% della collezione. Ogni opera è meritevole, ma tutte insieme costituiscono un racconto coerente sulla formazione della collezione, a ritroso dall'800 al '400. Il classico non è qualcosa di polveroso, ma qualcosa che si muove perché più lo conosciamo più ci appare diverso".

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