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Covid: acquacoltura, persi 100 mln da paralisi ristorazione

L'anno del Covid non ha risparmiato i piscicoltori che denunciano danni per oltre 100 milioni per la semi paralisi della ristorazione. Una situazione dalla quale non vedono ancora una via di uscita, avendo davanti una Pasqua blindata con la chiusura dei locali, aggravata dal lockdown di Germania e Austria, mannaia sul fronte delle esportazioni. E' il quadro tracciato dall'Api, l'associazione di Confagricoltura che riunisce oltre il 90% delle imprese ittiche di acquacoltura.

"Oggi solo 2 pesci ogni 10 mangiati sono italiani - spiega il presidente Pier Salvador - ne consumiamo più degli altri paesi europei ma non ne produciamo abbastanza; eppure abbiamo tutte le carte in regola per essere leader in Ue". L'acquacoltura nazionale vanta una ricerca scientifica all'avanguardia e può dare un forte impulso all'economia, forte dei suoi 8 mila chilometri di coste, i tantissimi fiumi e torrenti e 1.500 laghi.

"Guardiamo al domani puntando sulle nostre eccellenze - esorta Salvador - l'acquacoltura ha ampio margine di crescita ed è l'unica vera alternativa all'impoverimento dei nostri mari.

Con la ripresa occorre impegnarsi a riattivare un settore importante per la nostra economia che oggi occupa in 800 siti, più di 15 mila addetti". Secondo l'associazione, tra le priorità da mettere in atto, è fondamentale integrare e razionalizzare le norme esistenti in un unico quadro normativo nazionale e risolvere le diseguaglianze sui canoni concessori per le aree demaniali marittime. Serve poi uno sportello unico per le imprese, così come definire le zone destinate all'allevamento e rendere più accessibili i fondi strutturali e per l'innovazione tecnologica alle micro e piccole imprese, predisponendo modalità di accesso semplificate. "Confidiamo nel Piano di ripresa e resilienza - conclude il presidente - l'occasione per mettere mano ai tanti nodi che hanno frenato una vigorosa crescita naturale del settore". (ANSA).

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