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Consorzio Parmigiano, più export in Usa con norme più chiare

PARMA - Negli Stati Uniti, "norme più chiare e trasparenti ci permetterebbero di aumentare sensibilmente il nostro mercato: crescita che possiamo stimare in circa 120.000 forme, per un valore che supera i 50 milioni di euro". E' quanto sostiene, in una nota, il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli, intervenuto, a Parma, al convegno "Produzione alimentare e sfide del commercio internazionale".

Il mercato americano rappresenta il primo mercato per l'export del formaggio emiliano, con oltre 10 mila tonnellate, che corrispondono a 250.000 forme, per un valore di oltre 110 milioni di euro.

"Il nostro sforzo - osserva - sarà quello di spiegare ai nostri interlocutori che non esistono altri formaggi assimilabili al nostro. Il Parmigiano Reggiano può nascere solo qui: è frutto di questa terra e del saper fare delle sue genti, che si tramanda di generazione in generazione. Purtroppo, negli Stati Uniti, non esiste una tutela delle indicazioni geografiche: a oggi, il nome parmesan viene inteso come termine generico".

"Il nostro obiettivo - aggiunge Bertinelli - sarà quello di dimostrare che la parola parmesan costituisce un'evocazione della denominazione Parmigiano Reggiano, e che il suo uso per formaggi non conformi al disciplinare costituisce un'infrazione alla nostra Dop".

In America il Consorzio ha registrato 'Parmigiano Reggiano', puntualizza il suo presidente, "come certification mark e, grazie a questo strumento, tutela il prodotto attraverso attività di vigilanza di mercato ed azioni legali".

Ad ogni modo, evidenzia ancora Bertinelli, "norme più chiare e trasparenti ci permetterebbero di aumentare sensibilmente il nostro mercato. Crescita che possiamo stimare in circa 120.000 forme per un valore che supera i 50 milioni di euro".

"Il Consorzio continuerà a fare la sua parte, facendo cultura di prodotto e attività di vigilanza. Ma - prosegue - per raggiungere i nostri obiettivi, abbiamo bisogno che la politica ci dia una mano. Occorre lavorare a negoziati che puntino al riconoscimento di indicazioni geografiche come valore globale dello sviluppo agricolo".

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