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Il Dna dell'uomo primitivo racconta famiglie e matrimoni

Come nel Ratto delle Sabine, anche nel Neolitico le donne provenivano da gruppi familiari esterni e le nuove relazioni di parentela che nascevano si consolidavano attraverso le generazioni, tanto da condizionare l'organizzazione delle sepolture: è solo un assaggio del racconto emerso dal più vasto albero genealogico di una comunità umana primitiva, vissuta 6.700 anni fa in pieno periodo Neolitico. A renderlo possibile è stata l'analisi del Dna di quasi 100 individui scoperti in un sito funebre francese, Gurgy 'les Noisats' vicino Parigi. Dai resti è stato estratto il materiale genetico, che ha permesso di ricostruire la genealogia di due famiglie, una delle quali composta da 64 membri distribuiti in 5 generazioni, fornendo uno spaccato senza precedenti delle relazioni sociali nell'Età della Pietra. A guidare lo studio pubblicato sulla rivista Nature è stata Maité Rivollat, dell'Università di Bordeaux.

"Si tratta di un'operazione mai fatta prima, uno screening molto esteso su una popolazione", ha commentato all'ANSA il paleoantropologo Giorgio Manzi, della Sapienza Università di Roma e dell'Accademia dei Lincei. "Anche se al momento riguarda un solo sito, la ricerca - ha aggiunto - offre moltissime informazioni sulla struttura sociale e riproduttiva di una comunità colta in un passaggio fondamentale per la storia dell'umanità: quello che portò in breve tempo all'uso dei metalli e della scrittura, alla formazione delle grandi civiltà e, dunque, all'inizio di ciò che chiamiamo Storia".

Noto come uno dei più estesi siti funebri francesi del Neolitico, il sito di Gurgy 'les Noisats' accoglie i resti di oltre 100 individui vissuti circa 6.700 anni fa, nel periodo di transizione dalle precedenti comunità di cacciatori-raccoglitori a sistemi sociali più stanziali, importati da popolazioni provenienti prevalentemente dall'Est, in particolare dalla Mezzaluna fertile. Utilizzando le tecniche di analisi del Dna antico premiate con il Nobel per la Medicina 2022, i ricercatori hanno studiato il materiale genetico di 94 individui: oltre al Dna, hanno ricostruito la storia del Dna mitocondriale, che si trasmette per via materna, e quella e del cromosoma maschile Y; hanno anche potuto stabilire l'età della morte.

 
Il risultato è un ritratto incredibilmente dettagliato di due gruppi familiari: uno che collega ben 64 individui su 7 generazioni e l'altro composto da 12 individui. Del primo gruppo è stato possibile anche identificare il padre fondatore, con il quale nell'arco di decenni sono imparentati gli altri 63 individui e il cui corpo sarebbe stato traslato dai parenti nel sito dopo una precedente sepoltura.

Sono anche stati ricostruiti molti comportamenti sociali, come le modalità con cui si organizzavano le relazioni matrimoniali. Per esempio, si è scoperto che, differenza degli uomini, gran parte delle donne sepolte proviene da gruppi familiari esterni e questo dato mostra con chiarezza la tendenza degli uomini a rimanere sul posto, mentre erano le donne a spostarsi, probabilmente attraverso veri e propri scambi tra gruppi: "un qualcosa che ricorda il Ratto delle Sabine di romana memoria", ha osservato Manzi.

A raccontare la vita sociale di quelle comunità così antiche è anche il fatto che le sepolture erano organizzate, spesso per gradi di parentela. "Nonostante questa analisi intercetti una singola comunità offre per la prima volta - ha concluso Manzi - uno spaccato davvero ricco, che potrà fornire ancora molte altre informazioni che emergeranno nel tempo".

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