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Covid, la variante Delta è aumentata da 1,8% al 3,4% in un mese

Dal 15 maggio al 16 giugno le sequenze della variante Delta del virus SarsCoV2 in Italia è aumentata dall'1,8% al 3,4%: è il quadro che emerge dall'analisi delle sequenze depositate dall'Italia nella banca dati internazionale Gisaid e condotta per l'ANSA dal Gruppo di Bioinformatica del centro Ceinge-Biotecnologie avanzate diretto da Giovanni Paolella. Fra gli autori della ricerca Rossella Tufano e Angelo Boccia, che precisano che le statistiche frutto dell'analisi "sono basate sulle sequenze pubblicate in Gisaid e, inevitabilmente, non possono rappresentare l'esatta diffusione del virus sul territorio".

Le sequenze depositate dall'Italia nella banca dati Gisaid dal 15 maggio al 16 giugno risultano essere complessivamente 1.705 e di queste 58 corrispondono alla variante Delta (B.1.617.2). "Attualmente - osservano i ricercatori - la variante maggiormente rappresentata è la B.1.1.7 (variante Alfa)", alla quale corrispondono 1.351 delle sequenze totali depositate dall'Italia (circa il 79%).

Delle 58 sequenze della variante Delta 28 arrivano dal Trentino-Alto Adige (48,3%), 17 dalla Puglia (29,3%), 3 dalla Campania (5.2%), 2 dal Veneto (3.4%) e 1 rispettivamente da Emilia-Romagna, Lombardia e Lazio (1.7%).

Una valutazione analoga era stata fatta per il periodo compreso fra il 15 aprile e il 19 maggio, quando le sequenze erano complessivamente 2.674 e di queste le sequenze della variante Delta erano 47 (1,8%) contro le 2.328 della variante Alfa (87%)

Zollo (Ceinge), la variante Delta destinata a modificarsi
La variante Delta del virus SarsCoV2 è destinata a modificarsi con l'aumentare della sua circolazione e "il numero limitato delle sequenze finora ottenute in Italia indica già un aumento della diffusione, ma è molto probabile che il numero reale dei casi di infezione dovuti a questa variante sia più grande": lo ha detto all'ANSA il genetista Massimo Zollo, dell'Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge.

"L'esperienza accumulata nel 2020 ci ha insegnato che le varianti che diventano predominanti si modificano e generano ancora nuove varianti, acquisendo caratteristiche che la rendono più aggressiva e più efficiente nel diffondersi", ha detto ancora. "Diventa fondamentale la velocità nel tracciamento e nel sequenziamento: l'obiettivo dovrebbe essere isolare chi ha l'infezione, ma se adesso riapriamo non riusciremo a raggiungerlo".

Quanto ai vaccini, stanno arrivando i primi dati sulle reinfezioni: "stiamo avendo informazioni tali che due dosi dopo i vaccini Pfizer e Moderna, anche dopo il periodo necessario per acquisire la protezione completa", ha osservato. "Il vaccino sta comunque funzionando e molto più importante i casi di reinfezione sono ancora pochi in Campania ma esistono: il fenomeno è recente, non ci sono casi gravi e non sappiano ancora con certezza se siano causati dalla variante Delta, ma alla luce di quanto accaduto in Gran Bretagna possiamo immaginare".

Fin da adesso, secondo Zollo, si può comunque dire che "il vaccino non è l'unica arma contro la pandemia e una possibile strada potrebbe essere combinarlo con altre armi, come farmaci che impediscono al virus di legarsi alle cellule e l'uso di anticorpi monoclonali".

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