Il mercurio accumulato nelle fosse oceaniche supera quello delle aree industriali contaminate. Secondo il gruppo di ricerca internazionale guidato dall'università danese di Aarhus, che per la prima volta è riuscito a farne una misura diretta, gli abissi marini sono i luoghi finali di accumulo di questi pericolosi inquinanti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific reports.
Il mercurio è uno dei più pericolosi inquinanti prodotti dall'uomo perché è un metallo pesante che non solo produce danni gravi alla salute, in particolare al sistema nervoso, ma è molto persistente nell'ambiente perché non si degrada nel tempo. Scarti di mercurio vengono prodotti da una gran varietà di settori industriali e quando si disperdono negli ambienti marini possono entrare nella catena alimentare.
A causa delle grandi difficoltà operative nessuno era mai riuscito a misurare in forma diretta i livelli di mercurio accumulato nel tempo nelle zone più profonde dei mari, le fosse oceaniche. Usando degli speciali rover il gruppo internazionale è ora riuscito a raccogliere campioni nelle fosse di Atacama e Kermadec, a oltre 6.000 metri di profondità, e scoperto la presenza di livelli record, superiori anche a quelli di siti industriali contaminati. "La cattiva notizia è che questi alti livelli di mercurio possono essere rappresentativi dell'aumento collettivo delle emissioni antropiche di mercurio nei nostri oceani", ha commentato Hamed Sanei, dell'università di Aarhus.
"La buona notizia - ha proseguito - è che le fosse oceaniche agiscono come una discarica permanente, e quindi possiamo aspettarci che il mercurio che finisce lì rimarrà sepolto per molti milioni di anni". I dati saranno fondamentali per capire meglio a quale velocità il mercurio prodotto dall'uomo viene trasportato in queste fosse e quindi in qualche modo eliminato.
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