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Dal Dna di 2 milioni di anni fa il ritratto del Gigantopiteco

Era alto tre metri, pesava 600 chilogrammi, e l'essere vivente che più gli somiglia geneticamente oggi è l'orango: è il Gigantopiteco, primate grande tre volte il moderno gorilla: il suo ritratto, pubblicato sulla rivista Nature, è stato ricostruito grazie all'analisi del Dna prelevato da fossili vecchi 2 milioni di anni, grazie alla tecnica di analisi delle proteine sviluppata dal gruppo  dell'università di Copenhagen guidato dall'italiano Enrico Cappellini.

"Abbiamo ricostruito la relazione evolutiva tra il Gigantopiteco e l'organismo a lui oggi geneticamente più vicino, che è l'orango, grazie alle proteine recuperate nello smalto dei suoi denti", ha detto Cappellini all'ANSA. Di questo animale esistono pochissimi campioni fossili, cioè 4 mandibole e qualche migliaio di denti, recuperati principalmente in Cina e venduti nel secolo scorso come 'denti di drago' nelle farmacie tradizionali cinesi.

"Le sequenze genetiche più antiche finora recuperate- ha aggiunto -  erano quelle di un fossile umano di 400.000 anni fa, trovato in Spagna, e quella di un cavallo vissuto in Canada 700.000 anni fa". Più antiche non ce n'erano perchè il Dna si degrada con il passare del tempo e a seconda delle condizioni climatiche. Datazioni così antiche su fossili in aree tropicali, calde e umide, erano arrivate al massimo fino a 10.000 anni fa.

"Ma noi abbiamo visto che dallo smalto dei denti si possono recuperare proteine anche da fossili più antichi. Lo abbiamo dimostrato recentemente - ha detto ancora -  su un rinoceronte di due milioni di anni fa trovato in Georgia e ora con questo gigantopiteco di 1,9 milioni di anni fa, trovato in un'area sudtropicale, nel Sud della Cina".


Mascella del Gigantopiteco (fonte: Cappellini/Università di Copenhagen)

 

Per il gigantopiteco si è calcolato che si è separato dal ramo evolutivo dell'orango circa 12 milioni di anni fa. Un risultato dalle conseguenze molto importanti in prospettiva, ha concluso Cappellini, "perchè dimostra che questo metodo si può applicare per recuperare materiale genetico sui fossili umani dell'Africa, ancora più indietro nel tempo, seguendo la linea evolutiva che ha portato alla specie umana".

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