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Via libera in Europa al primo vaccino contro le bronchioliti

Potrebbe arrivare presto in Italia il primo vaccino in grado di proteggere neonati e anziani dalla bronchiolite, infezione respiratoria che costituisce una delle più frequenti cause di ricovero nei primi mesi di vita e nella terza età. L'Agenzia europea del farmaco ha raccomandato l'autorizzazione all'immissione in commercio di un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale, che ogni anno nel mondo colpisce circa 33 milioni di bambini, provocandone il ricovero di 3,2 milioni e la morte di 111.800. A ottenere il via libera è stato il vaccino Abrysvo di Pfizer, il primo anti-Rsv che protegge neonati fino a 6 mesi e gli over 60enni.

Il vaccino Abrysvo istruisce l'organismo a produrre anticorpi specifici contro la proteina F del virus, quella che gli permette di fondersi con le nostre cellule per infettarle. Per proteggere i neonati, viene somministrato alla mamma nel terzo trimestre di gravidanza - come accade per il vaccino per pertosse e influenza - e conferisce una protezione di sei mesi. Il virus respiratorio sinciziale, o Rsv, è molto diffuso da novembre ad aprile e di solito provoca sintomi lievi, simili a quelli del raffreddore.

Quando però colpisce persone vulnerabili, causa un'infiammazione dei bronchioli, ovvero le parti terminali delle vie respiratorie. Questi sintomi colpiscono più spesso gli anziani e le persone affette da malattie polmonari o cardiache. Le prime vittime sono, però, i bambini. In Italia non si hanno stime certe perché la patologia non ha obbligo di notifica e solo chi arriva in ospedale e fa un tampone ha una diagnosi precisa.

 Ancora negli anni Settanta del secolo scorso, la malattia che provocava nei neonati insufficienza respiratoria, polmoniti e molti decessi veniva chiamato il 'male oscuro' e nel 1979 un'epidemia a Napoli portò a 80 decessi in età pediatrica. "Secondo le stime, l'Rsv porta in ospedale 2 bimbi su 10 che ne sono colpiti nel primo anno di vita, ma la percentuale nei paesi industrializzati è molto più bassa", spiega all'ANSA Andrea Lo Vecchio, presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (Sitip). "Ad essere più a rischio sono i bimbi sotto i 2 anni che si ammalano di bronchiolite - prosegue Lo Vecchio, professore di pediatria all'Università Federico II di Napoli - e di questi circa il 10% ha un accesso in ospedale o in pronto soccorso perché necessita di ossigeno. Di questi, circa il 5% viene intubato. Purtroppo non c'è una terapia specifica e questo provoca, in genere tra dicembre e gennaio, una forte pressione nei reparti di pediatria e nelle terapie intensive neonatali".

L'inverno passato l'epidemia da virus sinciziale è stata particolarmente aggressiva: "ha provocato molti casi di insufficienza respiratoria grave nei neonati e ha riguardato anche bambini tra due e quattro anni, per via del cosiddetto Immunity Gap, ovvero il deficit immunitario legato alla minor esposizione ai patogeni dovuto alle misure protettive contro il Covid", prosegue Lo Vecchio, membro del Tavolo malattie infettive della Società Italiana di Pediatria.

Da circa un paio di decenni, in Italia, è autorizzato per i prematuri e per bimbi con alcune malattie specifiche, il monoclonale palivizumab, una profilassi somministrabile in diverse dosi e che, diversamente dal vaccino non stimola produzione di anticorpi propri. L'Ema pochi mesi fa ha autorizzato anche un secondo monoclonale, che con una singola somministrazione copre per 5 mesi ed è indicato per tutti i neonati, sia sani che a rischio: "una scelta dettata dal fatto che il virus sinciziale porta spesso al ricovero anche bimbi nati a termine e senza altre patologie", precisa Lo Vecchio.

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