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La storia di Ninfa, giardino tra i più belli del mondo

La malaria che all' epoca affliggeva la Pianura Pontina di certo ebbe il suo peso ma fu una guerra fratricida di schieramenti politici legati allo Scisma d' Occidente a provocare nel 1381 la distruzione di Ninfa, borgo fortificato nevralgico del Lazio meridionale a ridosso dei Monti Lepini che per la impraticabilità periodica della via Appia causata dall' avanzare della palude rappresentò spesso l' unica via di collegamento tra Roma e Napoli. La città fu saccheggiata e non venne più ricostruita finendo nell' oblio.
    Delle sette chiese e delle 250 case del borgo, con botteghe, mulini e officine per lavorare metalli e tessuti che ne avevano fatto la fortuna restarono solo ruderi. I Caetani, l' ultima famiglia ad averla acquisita, si trasferirono a Roma e vi tornarono soltanto alla fine dell' Ottocento. Se a mettere la pietra tombale su Ninfa era stata questione di uomini, fu una nobildonna inglese a restituirle un nuovo destino. Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onorato Caetani, con i figli Gelasio e Roffredo la trasformò bonificando gli acquitrini, eliminando la vegetazione infestante e piantando dal 1920 i primi lecci, cipressi, faggi oggi giganteschi e un gran numero di rose. Era il primo nucleo di quello che oggi è considerato tra i giardini più belli al mondo, visitato ogni anno da 75 mila persone. A dare la svolta fu Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, che fece giungere da ogni parte del mondo piante rare e preziose e trasformò il giardino accogliendo un circolo di letterati e artisti intorno alle due riviste letterarie da lei fondate - Commerce e Botteghe Oscure - sulle quali furono pubblicate opere di artisti di peso da Truman Capote a Dylan Thomas, Camus, Bataille, Artaud, Soldati, Gadda, Moravia, Calvino fino ai versi di Pasolini. La figlia Lelia, pittrice e ultima erede dei Caetani, fu anche l' ultima giardiniera. Nel 1972, cinque anni prima di morire, istituì la Fondazione Roffredo Caetani che oggi gestisce Ninfa e il suo meraviglioso tesoro di dieci ettari nel territorio del comune di Cisterna di latina, aperto da marzo a novembre solo nei fine settimana per visite guidate a numero contingentato. ''L'unicità del Giardino - dice all' ANSA Massimo Amodio, presidente della Fondazione - è il fatto di essere stato concepito e mantenuto in perfetta simbiosi con le rovine di una città medievale, ammantata di storia, mistero e fascino tuttora urbanisticamente molto ben leggibile''. Il Giardino ha un' altra caratteristica peculiare, stimolare i sensi e gli stati d'animo più che specifiche riflessioni sugli singoli aspetti storici e botanici. ''Lelia lo ha pensato come un numero infinito di quadri dinamici, in grado di mutare in ogni stagione e nelle diverse ore del giorno. Questa ispirazione artistica e informale lo rende un Giardino unico''. Il principio ispiratore è stato il concetto di "naturalità": tutto deve apparire come spontaneo, non forzato dalla mano dell'uomo. ''Ovviamente così non è - osserva Amodio -. La difficoltà è, appunto, quella di celare la gestione umana lasciando al visitatore la percezione di camminare nella storia e nella natura. Il Giardino ha più di cento anni e le piante a dimora sono in alcuni casi provate dall'età. Bisogna pensare alla sostituzione e a come come possono reagire i 'patriarchi' del Giardino alle violente stimolazioni esterne dovute ai mutamenti climatici e all' aumento della frequenza e della intensità di eventi meteorologici estremi. Abbiamo già subito negli ultimi anni schianti e perdite a causa di vento e pioggia e il timore che nel futuro ciò possa ulteriormente peggiorare è reale''. Re e regine, famiglie importanti, poeti, scrittori, registi si sono lasciati incantare dalla magia di questo luogo, che nel 1985 accolse anche il principe Carlo, oggi Re d' Inghilterra, e la principessa Diana. ''Ogni angolo sembra un quadro'' è Il commento più frequente raccolto dalle guide che accompagnano i visitatori. ''Sono parole che avrebbero fatto particolarmente piacere a Lelia Caetani che amava definirsi, appunto, pittrice e giardiniera - conclude Amodio -. Lei, certamente, immaginava Ninfa esattamente così, un dipinto''. (ANSA).
   

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