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Pride, sette decenni di lotte per diritti Lgbtq

I momenti più importanti della lotta per i diritti Lgbtq in 70 anni ma anche tanti percorsi intimi di discriminazioni e violenze subite, contrastate con coraggio e solidarietà, per vivere la propria identità sessuale senza doversi nascondere. Un racconto in sei episodi, tra straordinario e a volte inedito materiale d'archivio e testimonianze, dagli anni '50 all'oggi, firmati da cineaste e cineasti queer (Tom Kalin, Andrew Ahn, Cheryl Dunye, Anthony Caronna Alex Smith, Yance Ford, e Ro Haber) che scandisce Pride, la docuserie che ha debuttato con i primi tre episodi il 14 maggio in Usa su Fx, giusto qualche giorno prima della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia (17 maggio).
    In ogni decade "che abbiamo affrontato era evidenziare le lotte ma anche l'amore e la gioia, la felicità che la comunità Lgbt era in grado di vivere - spiega la showrunner Alex Stapleton, negli incontri in streaming della testata Deadline per i Contenders di stagione nelle categorie documentario e programmi 'unscripted' (dalle docuserie ai reality game,ndr ) -.
    Un equilibrio che abbiamo cercato anche nell'episodio sugli anni '50, particolarmente duro". Dalla testimonianza fra gli altri, di Madeleine Tress, licenziata da un lavoro governativo perché omosessuale, alla storia del senatore democratico Lester Hunt, che si suicidò dopo l'arresto del figlio con un uomo che si prostituiva. Si è puntata l'attenzione sugli attivisti, "anche quelli meno conosciuti, per comprendere la loro vita e il contributo che hanno dato al movimento e su figure di spicco come l'afroamericano Bayard Rustin (1912 - 1987), che ha "combattuto per i diritti civili su ogni livello in questo Paese"aggiunge Stapleton. "Molti pensano che il movimento gay sia iniziato con Stonewall (gli scontri fra gruppi lgbt e la polizia di New York nel 1969, dopo l'ennesima irruzione degli agenti in un locale gay) - spiega la coproduttrice esecutiva Christine Vachon, una delle più importanti e influenti produttrici indie. Volevamo invece mostrare le tante forme di resistenza di persone così diverse che hanno partecipato alla lotta per i propri diritti prima e dopo Stonewall". (ANSA).
   

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