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Urso al Consiglio Ue: "Sui ritardi di pagamento serve meno rigidità"

BRUXELLES - "Riteniamo di condividere l'obiettivo di contrastare il ritardo dei pagamenti", ma "riteniamo non adeguato l'atto giuridico del regolamento" Ue e "preferiamo che resti una direttiva come strumento sicuramente più idoneo perché ci consente di tenere conto delle diversità socio economiche e amministrative dei vari Paesi". Lo ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso della sessione pubblica del Consiglio Competitività a Bruxelles.

"Per quanto riguarda il termine vincolante dei 30 giorni, riteniamo che non possa essere posto in questo modo così netto e preferiamo che siano mantenute le deroghe che sicuramente ogni Stato può poi utilizzare tenendo conto dei contesti specifici", ha sottolineato Urso, ricordando che anche l'Italia ha "una normativa sul limite massimo di pagamento a 30 giorni che ammette però alcune eccezioni", tra cui quella "significativa" nel "settore sanitario".

"Pertanto, preferiamo che ci sia una minore rigidità sui termini di pagamento che vengono imposti e ci sia la possibilità di diversificare e valorizzare le peculiarità dei diversi rapporti commerciali esistenti nella pubblica amministrazione o tra privati", ha spiegato. Sulla creazione di un'autorità nazionale preposta al controllo sui ritardi di pagamento il ministro ha parlato di "un'imposizione eccessiva, tenendo conto che non è ben chiaro quale sia l'impatto del nuovo regolamento sia per quanto riguarda i poteri conferita all'autorità di controllo, sia in termini di costi che gli Stati dovrebbero assumersi". "E non è chiaro neanche il rapporto tra l'autorità e la magistratura nazionale: chiediamo quindi che si sia davvero una riflessione con l'obiettivo che prevalga il buon senso", ha aggiunto.

Il governo italiano, ha poi aggiunto in una nota diffusa alla stampa, condivide "le analisi e le prospettive" di Enrico Letta e Mario Draghi per il rilancio del mercato unico e della competitività "perché appartengono alla necessità del nostro Paese e della nostra Europa".

"I privati da soli non possono affrontare" la sfida degli investimenti "e gli Stati da soli non debbono affrontarla, lo devono fare con fondi comuni, oppure l'Europa perde" con Usa e Cina, ha evidenziato Urso, richiamando "le richieste di Draghi di 500 miliardi di investimenti l'anno per i prossimi 10 anni".

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