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Rosanna Vaudetti dona al museo Rai l'abito della prima trasmissione tv a colori

«La televisione del bianco e nero era la televisione che faceva sognare. Il bianco e nero era magico, perché era chiaro che il mondo non fosse così. E anche l'impostazione dei programmi era più pedagogica, guidava lo spettatore. Con l’avvento del colore ci siamo inoltrati nella realtà». Il ricordo è di Rosanna Vaudetti, una delle più amate e riconosciute Signorine Buonasera della Rai. «La gente - ha aggiunto - vedeva le cose com'erano davvero e ha cominciato a pensare “perché non posso esserci anche io nella tv?”. Le persone vere sono diventate i protagonisti, anche nei quiz, oltre ai conduttori, erano i personaggi a lasciare il segno e andando avanti con gli anni si è arrivati alla televisione che ha al centro le persone comuni, i reality».

Annunciatrice, volto di Giochi Senza Frontiere, ma anche presentatrice a fianco dei più grandi nomi non solo dello spettacolo, da Corrado ad Alberto Sordi, ma della storia, «affiancando» niente meno che Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo dei Ragazzi, Vaudetti è in qualche modo la rappresentazione del passaggio alla tv a colori in Italia. È stata infatti la voce e il volto del primo annuncio di una trasmissione a colori.

Alle 15.50 del 26 agosto 1972 fu lei, dal Secondo Canale Rai, ad annunciare la diretta a colori della Cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Monaco. A raccontare quel momento della storia della televisione nazionale, è stata la stessa Vaudetti, collegata in video con il Museo dalla Tv e della Radio Rai di Torino, che da oggi arricchisce la sua collezione con il vestito indossato per lo storico annuncio.

«Ma noi siamo delle professioniste, tutti gli annunci sono importanti, e li affrontavamo sempre con la stessa professionalità», precisa, pur ammettendo di ricordare con emozione il primo annuncio del Secondo Canale proprio dagli studi di Torino. Per la Vaudetti il passaggio alla televisione a colori «merita di essere raccontato. Per questo ho deciso di donare il vestito dell’annuncio al Museo, perché qui ci sono oggetti che raccontano ognuno una storia e ora lo farà anche quell'abito».

Nelle sue parole c'è non solo la storia della televisione, ma anche l’orgoglio di averne fatto parte. «Negli anni '60-70 - dice - non era facile per una donna trovare una collocazione lavorativa giusta. A me piaceva il giornalismo, avrei voluto fare la giornalista, però il guadagno era minimo». Laureata in Scienze Politiche, si dedica un po' all’interpretariato, alle traduzioni e alle ripetizioni poi, ricorda, «lessi sul Radiocorriere che c'era un concorso per annunciatrici e feci domanda. Era uno dei pochi posti che davano una certa dignità alla donna, perché noi andavamo in televisione rappresentando l'azienda. Il motto era "ricordatevi che entrate nelle case degli altri". È stato un ruolo importante, se il televisore è maschile, la televisione invece è donna».

Una televisione cambiata col tempo. «Prima - riflette - era una televisione "mamma", che sceglieva i programmi per i telespettatori, adesso sono i telespettatori che devono scegliere la televisione». E proprio per questo se le si chiede cosa pensi dei programmi attuali rispetto alla Tv di un tempo risponde che «non esiste una cattiva Tv, al massimo cattivi spettatori, perché ci sono tantissimi programmi buoni, basta saper scegliere».

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