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Giacche da reduce e cappe clericali: con Prada sfila la storia

MILANO. Mette in scena i periodi oscuri del passato per parlare delle preoccupazioni di oggi, e suggerire che bisognerebbe imparare qualcosa dalla storia, la sfilata della collezione uomo Prada per il prossimo inverno.

«Il risultato non è storico - avverte Miuccia Prada -. Rifletto sul presente, che è tanto imponente che non ti puoi distrarre. Ci sono solo guerre, succede ogni giorno tutto e di più».

Una moda, dunque, che è anche politica? «La nostra vita è un insieme di sensazioni e pensieri, tutto - risponde la stilista - influenza tutto e la moda partecipa, tutto è politico».

A ricordare che la moda vive nel presente, i controlli con il metal detector all'ingresso della sfilata. E poi dentro, in un corto circuito tra realtà e rappresentazione, la sala allestita come le piazze che ospitavano il cerimoniale dell'auto da fè dell'inquisizione spagnola, con gli ospiti alloggiati sulle gradinate, nelle tribune e in una piattaforma centrale e il perimetro delimitato da alti lumini rossi.

In questo allestimento c'è anche l'idea delle divisioni, delle gerarchie sociali «che ci sono e sono pesantissime, tutti - spiega Miuccia Prada - vogliamo essere uguali ma poi c'è il numero 1 e il numero 2». La piazza, poi, è anche «simbolica di ogni raduno, rappresenta l'idea di raccontare i momenti fondamentali della storia e imparare qualcosa dal nostro passato».

Alla stilista vengono in mente «i momenti infami come quando si bruciavano le streghe ... ce ne sono tanti - nota - anche oggi». La storia è costellata di «momenti infami ed eroici, tutti drammatici e molto umani».

Per rappresentare a livello simbolico quello che comunque è anche il «racconto di una passione umana» Prada ha collaborato con l'artista Cristophe Chemin, che ha creato i disegni delle stampe della collezione, con cui mette in discussione la storia del nostro mondo: ecco così i 'ladri al banchetto', con ladri e affamati intenzionati a spogliare una tavola ispirata al genere della natura morta, ma che allude al tempo stesso all'ossessione contemporanea per il cibo; l'impossibile true love, con la Cleopatra dei film che bacia un giovane Elvis in uniforme; 'gli importanti', dove Giovanna d'Arco tiene in mano delle maracas e Che Guevara stringe un Oscar.

E infine l'utopia della sopravvivenza, con un'arca di Noè abbandonata in un paesaggio industriale. Questi disegni sono le stampe delle camicie a maniche corte stile hawaiano, che si abbinano alle giacche da reduce e al cappello da marinaio, mettendo insieme «simbolicamente e in modo non razionale dei momenti del passato». Ecco le cappe dall'aria clericale, le camicie con il colletto e i polsini staccabili lasciati penzolare come se fossero scuciti che ricordano quelle dei rivoluzionari, le redingote da ammiraglio. E poi, i collarini con i revers in montone da portare sul cappotto di tweed o sul giubbino con inserti in maglia, i pantaloni che si fermano sopra la caviglia e hanno una banda a contrasto interna, il trench con una sorta di finto cappuccio, i cappotti militari con grande toppe a contrasto sui gomiti, i bracciali a manetta con le chiavi. Sfila in passerella anche qualche modella, con abiti di velluto castigati davanti e aperti sulla schiena, calze di lana operate, cappellino alla marinara e sandali in velluto. Un confronto tra l'oggi e la storia dal risultato cupo e romantico, come le canzoni di Nick Cave che punteggiano la sfilata.

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